Un notarikon su Genesi 1:1

Genesi 1:1
בְּרֵאשִׁית בָּרָא אֱלֹהִים אֵת הַשָּׁמַיִם וְאֵת הָאָרֶץ
ovvero
Nel principio D’o creò i cieli e la terra

Il Notarikon è un’operazione che prende una lettera per parola, sempre nella medesima posizione per ciascuna parola, all’interno dello stesso versetto, allo scopo di comporre altre frasi.
Il notarikon, delle prime lettere, del primo versetto rende
“אהוה בבא “ dove בבא significa “cancello o uscita” mentre אהוה è il cosiddetto “nome buono di D’o” ed è associato alla Sefira Da’at, la sefira della Conoscenza. In ebraico il verbo essere è sottinteso, quindi la frase suona così: Una via d’uscita è Ahwa ( אהוה il “nome buono di D’o”)
Questo sottintende che la Conoscenza (non la cultura) è una via d’uscita verso il regno di D’o.
Il fatto che questa sentenza appaia nel primo verso della Creazione, sottintende che la Creazione stessa ha per scopo quello di dare la possibilità alla creatura di trovare una via per tornare all’origine ovvero verso il bene assoluto. A suggerire questa idea è il fatto che il “nome buono di D’io” non compare nella Torah, come a voler significare che seppure ne sia la causa prima, la Legge non sia parte di detta causa ma solo una sua emanazione avente un fine. La legge infatti è necessaria perché oltre a ciò che è buono vi è anche ciò che non lo è, ma il nome in questione contiene solo il Buono. Se la Legge ha un fine questo sembra essere l’uscita dell’uomo verso D’o e il suo regno.
Sempre nel primo versetto possiamo vedere che:
בְּרֵאשִׁית בָּרָא אֱלֹהִים אֵת
Ovvero
“Nel principio Creò Elohim Aleph-Tav”, Aleph-Tav è l’alfabeto e da questo trasse tutto, come possiamo leggere nello Zohar e nel Sepher Yetzirah.
La formazione di cui narra il Sfer Yetzirah fu fatta ad opera di 32 Shaloshim, ovvero, le 22 lettere più le 10 sefiroth.
Nel notarikon del primo versetto abbiamo notato che il “nome buono di D’o” non compare espressamente nella Torah, ovvero nella legge, seppur ne sia la causa prima.
La vera Legge, tuttavia, non può essere scritta su carta ma è incisa nel Cuore dell’uomo, inoltre essa è il cuore nascosto della Legge scritta. Unendo l’ultima lettera della Torah con la prima, otteniamo la parola לב che significa “Cuore” ed il cui valore è 32, numero degli shaloshim impiegati nella Formazione.
Facendo qualche riflessione ghimatrica sulla parola לב Cuore:
Il valore rivelato 32 esprime il senso di purificazione e purezza זבה , di riunificazione יזיה e di cura da parte di D’o יואחז , di bontà di D’o טוביה, di figlio/figlia unico/a יחיד. Tuttavia esprime anche durezza ala, stillicidio e pianto בבי.
Prendendo in esame la sola parte nascosta del valore complessivo 454, troviamo il senso di messe ammucchiata קציר נד .
Se si considera poi il valore complessivo (Shemi) allora si ottiene 486 che racchiude fra gli altri i significati di spirito distruttore בער רוח (che per Zoroastro si chiamava Ariman), כסות copertura , rivestimento, vestito, ממות morte e עיות utilità.
Il cuore sembra rappresentare il campo di battaglia ove l’azione dello spirito distruttore tenta di tener nascoste quelle possibilità che l’uomo ha di ottenere l’aiuto di D’o e quindi riuscire, realmente, a purificare il proprio stato d’essere ridivenendo il Figlio unico, è in esso infatti che la messe è ammucchiata.
La creazione sotto la Legge nasconde in sé la possibilità di liberarsene per passare dalla dualità all’assoluto, tuttavia non è la semplice conoscenza di precetti scritti che può permettere una tale liberazione, ma un riconoscimento autentico e diretto della vera legge d’Amore di D’o nell’essenza spirituale del proprio cuore. Nel vero cuore spirituale dell’uomo risiedono le possibilità e le forze per una riformazione di tutto il suo mondo, tanto interiore quanto esteriore.

Una riflessione sui Tarocchi

Riporto il testo di un post, del moderatore, del forum

“it.groups.yahoo.com/group/saggezza_della_rosacroce” :

Vorrei condividere qualche riflessione sui Tarocchi, visti nel loro aspetto Ermetico.

Chi si occupa di divinazione sostiene che la combinazione degli arcani maggiori Torre – Morte – Diavolo abbia un’incidenza nefasta nella lettura divinatoria e rappresenti il rischio di malattie o cose ancor più gravi.

Cosa si cela, dal punto di vista Ermetico in questa combinazione?

Prendiamo le carte di due dei più importanti mazzi di Tarocchi in circolazione, quello di Wirth e quello di Waite.

Per la visione delle immagini dei due mazzi consiglio i seguenti link.

Per Wirth:
http://www.tarocchi.net/I_Tarocchi_di_Oswald_Wirth__21

Pewr Waite:
http://www.tarocchi.net/I_Tarocchi_di_Arthur_Waite__25
oppure
http://en.wikipedia.org/wiki/Rider-Waite_tarot_deck

Vi sono elementi comuni fra le carte di questi mazzi, ma anche rappresentazioni diverse dei medesimi concetti.

Vediamo le carte una alla volta.

La Torre
————

La Torre nel mazzo di Wirth:

7 mattoni cadono dalla torre
6 palle rosse
5 palle gialle
5 palle verdi
3 finestre nella torre
La torre finische con una decorazione che ricorda una corona regale.
Solo uno dei due caduti è Re quello di sinistra

La Torre nel mazzo di Waite:

10 fiamme a destra e 12 a sinistra
3 finestre nella torre
La torre finische con una decorazione che ricorda una corona regale.
Solo uno dei due caduti è Re quello di destra (opposto rispetto a Wirth)

Cosa significano le 6 palle rosse nella carta di Wirth?

La lettera ebraica che ha valore 6 è la Wav che significa gancio. La torre che crolla rappresenta la caduta che ha vincolato i microcosmi alla natura materiale, che è duplice. In definitiva le 6 palle rosse rappresentano le dodici forze della natura materiale, il cerchio zodiacale dialettico, i dodici eoni del basso.

Le 5 palle gialle e le 5 verdi rappresentano i dieci sephirot dell’albero della Vita. Nel libro della Formazione si parla solo delle 10 sephiroth, poste 5 di fronte a 5 e non vi è accenno a Da’at. Questo perché Da’at diviene una realtà solo per coloro che decidono di percorrere un cammino di rigenerazione, di restaurazione dell’Uomo Divino originale.

Il medesimo concetto è rappresentato da Waite con 10 fiamme gialle a destra e 12 a sinistra.
Le 10 fiamme di destra riportano alle 10 sephiroth mentre le 12 a sinistra ai dodici eoni della natura materiale.

I sette mattoni che, nella carta di Wirth, cadono dalla Torre, rappresentano i sette domini di manifestazione del microcosmo. Con la Caduta, l’Uomo ha perso la possibilità di manifestarsi coscientemente in tutti i domini.

La Torre rappresenta la personalità Regale dell’Uomo Originale. Le tre finestre rappresentano i tre poteri della personalità: Pendiero, Desiderio e Volontà.

La Personalità dell’uomo divino originale è andata distrutta con la caduta ed è questa la ragione della nostra esistenza materiale, divenire dei sostituti di quello che è andato distrutto.

Dei due personaggi che cadono dalla torre solo uno è incoronato e nonostante la caduta non perde la sua corona. Si tratta del microcosmo propriamente detto, la cui origine regale permane nonostante la caduta, mentre la personalità che originariamente era legata a tale microcosmo, come mostra Wirth, morì con la caduta. Nella carta di Wirth, infatti, la figura priva di corona è al suolo ed un mattone la colpisce in testa. Il potere di ideazione originale è perduto. La gloria della personalità dell’uomo originale è ormai svanita.

La Morte
————-

Questa carta nel mazzo di Wirth è rappresentata come uno scheletro con la falce in mano ed ai suoi piedi vi sono la testa di un re coronato, quella di una donna e mani e piedi che spuntano dal terreno.

Nel mazzo di Waite la morte è un cavaliere, con tanto di armatura ed insegne. Ai suoi piedi un re morto, due bambini genuflessi di cui uno distoglie lo sguardo dal cavaliere. In piedi con le mani giunte un alto prelato si pone difronte al cavallo. Alla sinistra del cavaliere, quindi alla destra del prelato, in lontananza, il sole sorge o tramonta al dilà di due bastioni, due alte colonne di una porta.

Vista nell’ottica della caduta la Morte è la prima conseguenza di questa.

Considerata nel corso del processo di rigenerazione, di Trasfigurazione, essa è la morte mistica, la totale resa dell’io. Questa resa è l’unica possibilità per far tornare il microcosmo alla sua antica gloria.

Il re morto o la testa del re che spunta ai piedi della Morte ci riportano alla frase latia “Iustum Necar Reges Impios” é giusto far morire il re empio. Il Re empio è l’io che deve giungere ad una totale autoresta al microcosmo divino.

Il Diavolo
———-

Nel Mazzo di Waite vediamo due figure antropomorfe che però hanno corna e coda, incatenate per il collo allo scranno del Diavolo.

Sulla testa del Diavolo c’è la stella a cinque punte capovolta.

Nel Mazzo di Wirth vediamo una figura molto simile, tuttavia, le figure sono meno antropomorfe e sul diavolo vi sono alcuni simboli: Sulla testa la stella a cinque punte diritta, sul bacino l’Ank o chiave della vita e sulle braccia la formula alchemica “Solve et Coagula”, il Solve sul braccio destro e Coagula sul sinistro.

La Carta esprime il legame delle due forze maschie e femminile, che nell’uomo sono asservite all’influenza della natura caduta, rappresentata dal Diavolo. Il pentagramma diritto è il simbolo dell’uomo divino, mentre quello rovesciato del Diavolo, dell’uomo caduto. La chiave della vita rappresenta la concreta possibilità di accedere ad un nuovo campo di vita.

La Carta di Waite esprime bene l’asservimento dell’uomo alle forze cadute di questa natura della morte, tuttavia quella di Wirth mostra che questa natura, può essere vista anche come un ordine di vita nel quale è offerta al microcosmo la possibilità della rigenerazione.

Perché questo possa avvenire è necessario sciogliere tutti i legami con le forze decadute e votarsi alla Volontà divina, vera chiave della Vita.

Quest’orientamento di vita può raddrizzare il pentagramma, ovvero, restituire alla personalità la sua funzione originale. E’ questo il “Coagula” alchemico.

Riassumendo, dal punto di vista ermetico, questa combinazione si può tradurre come segue:

Torre – Consapevolezza della caduta => Pre-Ricordo

Diavolo – Consapevolezza del limite e possibilità di rigenerazione cosciente => Piano di soccorso.

Morte – Cambiamento fondamentale => Morte Mistica

Vediamo, ora le tre carte in relazione all’Albero (sefirotico) della Vita. Non userò i riferimenti della Golden Dawn ma quelli dedotti dai rituali della Rosacroce di Waite.

Nel sistema Rosicruciano di Waite, egli non usò più i Tarocchi ma dei simboli appositamente disegnati e quindi risulta difficile una sovrapposizione dei due sistemi.

Tuttavia comparando i grandi simboli de sentiero con le lame dei tarocchi possiamo dedurre la seguente sovrapposizione:

– Il Diavolo (XV) – 25° Samek – sul sentiero fra Hod e Tiphereth
– La Torre (XVI) – 31° Shin – sul sentiero fra Malkut e Hod
– La Morte (XIII) – 21° Kaf – sul sentiero fra Tiphereth e Geburah

Il percorso di Samek è, ove troviamo il Diavolo, è interdetto dalla Legge della Gerarchia.
Il simbolo del 32° sentiero da una parte è simbolo della caduta ma dall’altra è il simbolo della ricostruzione successiva. Si tratta di un obiettivo, per raggiungere il quale è necessario progredire, realmente, attraverso i gradi dell’evoluzione spirituale. Quindi questo sentiero non viene percorso essendo la conseguenza di un lavoro.

Di questi tre sentieri solo quello fra Tiphereth e Geburah, il 21°, viene percorso. Il sentiero che porta dalla seconda nascita alla tessitura del Manto d’Oro delle Nozze. Questa via di radicale trasformazione passa per la Morte Mistica, Grande Simbolo del sentiero di Kaf.
Kaf Significa «cavità» o «palmo della mano», il suo valore è 20 ed è analogo alla Beth. Kaf significa anche «anca» (vedi l’anca slogata dall’angelo di dio a Giacobbe). Essa è iniziale della parola Kun che significa «fondare, ristabilire, consolidare», ma se si pretende troppo, se l’orgoglio vuol far giungere sino al Padre allora, diviene Kab «rovinare».

Spero che queste poce riflessioni possano essere lo spunto per un approfondimento ulteriore.

Qualche riflessione sul primo versetto del Genesi

La lettura di comodo del primo versetto del genesi è la seguente:

zrah taw !ymvh ta !yohla arb tyvarb

“In principio Dio creò il cielo e la terra.”

 

Anticamente non esisteva la punteggiatura vocalica, né la separazione in parole, introdotta solo successivamente dai masoreti. Quindi il primo versetto del Genesi sarebbe apparso come segue               

zrahtaw!ymvhta!yohlaarbtyvarb

 

Nulla vieta di suddividere diversamente le lettere e una possibile lettura alternativa è la seguente:

zrah taw !ymvh ta !yoh la arbty va rb

“Il figlio del fuoco creò se stesso (divenne, assunse la funzione di) Dio, un mare e i cieli e la terra.”

 

Vediamo qui una differente possibile lettura. Che suggerisce che il figlio del fuoco assunse la funzione di Dio ed emanò da sé stesso ed in sé stesso il mare, il cielo e la terra. Questa lettura della creazione, concorda con quella ermetica in cui Dio è il Logos informatore ma anche la Materia primordiale, nella quale l’informazione prende forma, grazie ad uno spirito agente anch’esso emanazione del Divino stesso.

Se mettiamo in relazione le due  letture possiamo osservare che il “Figlio del Fuoco” è quel principio sottinteso nella lettura tradizionale che inizia proprio con tyvarb che può tradursi con una delle tre frasi che seguono:

1)      In principio

2)      Nel principio

3)      Con il principio

 

Alla luce della possibile diversa lettura appare che tutte e tre le traduzioni sono corrette e complementari. Difatti è nel principio che si è fatto Dio e materia primordiale, che la creazione  si manifesta ed è grazie alla funzione Creatrice che questo principio assume facendo sé stesso Dio che la materia può essere informata.

Il Sefer Yetzirah dice che la Shin v è la lettera madre del Fuoco.

Mosé, nel deuteronomio, afferma che “Dio è un fuoco che consuma”.  

Uno dei modi per scrivere il nome Gesù in ebraico è proprio quello di porre una Shin v al centro del tetragramma hwhy  ottenendo quindi  hwvhy . Il Cristo è quindi il Fuoco nel centro di Dio. Ma abbiamo visto che anche Dio è un Fuoco. Il Cristo è Figlio del Padre e quindi Fuoco dal Fuoco, figlio del Fuoco.

Il Vangelo di Giovanni nel prologo dice: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.

Il verbo di cui parla Giovanni è il Cristo e qui il cerchio si chiude.

 

Buon cammino!

Un po’ di Aritmosofia su Malki-Tzedeq

 

 

Prendiamo il nome   מַלְכִּי־צֶדֶק       è Formato da Malki “Mio Re” e da Tzedeq “Giustizia” quindi il suo significato letterale è Mio Re di Giustizia.

 

Passiamo ora all’armonia dei numeri che risiede in esso.

Analizzerò il nome suddiviso nelle due parole che lo compongono, poiché così compare nella trascrizione della Biblia Hebraica Stuttgartensia.

 

Malki = 40+30+20+10 = 100

 

          La sua riduzione Teosofica è 1 mentre la Radice essenziale è altrettanto 1

 

Tzedeq = 90 + 4+100 = 194

 

            La sua riduzione Teosofica è 5 mentre la Radice essenziale è 6

 

Se consideriamo la divisione nei tre mondi, dei numeri da 1 a 9, secondo il quadrato fornito da Saint Martin

 

Divino 1,4,7

Spirituale 2,5,8

Materiale 3,6,9

 

Osservando le riduzioni teosofiche e le radici essenziali dei due vocaboli che compongono il nome Malki-Tzedeq otteniamo quanto segue:

 

La vera regalità è sita nel mondo Divino (1) mentre la Giustizia appartiene a quello Spirituale (5) da cui è emanata verso il Materiale (6).

 

La riduzione teosofica di Tzedeq 5, ha come numero triangolare 15 e piramidale 35.

 

La riduzione del numero triangolare da nuovamente 6 stabilendo l’ambito materiale in cui si esprime, mentre la riduzione del suo piramidale da 8.

8 è un complemento a 2 del 10. Questo esprime la possibilità di rigenerazione che nella nostra esistenza materiale, ci è offerta dal Divino. Sta a noi saperla accettare o rifiutarla. Infatti la radice essenziale delle potenze dell’8 è in taluni casi l’1 e in altri il 9, ovvero una relazione diretta con il Divino e un legame con il materiale.

 

La somma teosofica di 5 è 15.  Il triangolare di 15 è 120. Essendo il 10 la manifestazione dell’1, come ci mostra la tetrarchis pitagorica, ed il 12 il numero dei Segni dello Zodiaco, ovvero delle forze che regolano il nostro sistema esistenziale, 120, che può essere anche scritto come 10 x 12, è l’espressione della Manifestazione Divina, attraverso le leggi che ne regolano lazione sulla e nella materia, difatti la riduzione di 12 è 3.

 

Il quadrato di 5 è 25, la cui riduzione teosofica da 7. Il 7 fa parte del mondo Divino e ci riporta alla legge superiore dei Sette Elohim.

Il triangolare ed il piramidale di 25 rimandano sempre alla Divinità.

Il triangolare di 7 è 28 dalla cui riduzione otteniamo 8+2 = 10 e quindi 1+0 = 1, mentre il piramidale è  84 dalla cui riduzione vediamo 8+4 = 12 da cui 1+2 = 3.

Dai numeri triangolari e dai piramidali di 25 e di 7, vediamo come, il quadrato di 5 (che appartiene al mondo Spirituale), dia come risultato delle riduzioni, l’unità del mondo Divino, mentre nel caso del 7 (che appartiene al mondo Divino), il triangolare riporti verso il mondo Divino, ed il piramidale verso quello materiale.

 

In definitiva il nome Malki-Tzedeq esprime La volontà del Logos di soccorrere quanto si è perso, intrappolato nella materia. Il Divino offre all’Uomo la possibilità prendere su di se il giogo della sua legge, “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11:29,30) dice Gesù. Se l’uomo accetta la Legge del Divino, che è una legge d’Amore, potrà liberarsi dai risultati della sua disobbedienza a tale legge fondamentale. L’uomo è, infatti, sempre posto dinanzi ai risultati delle sue azioni, se queste sono in opposizione alla Legge del Logos, tali risultati, non possono che essere sofferenza e afflizione (legge di causa ed effetto).

La causa della sofferenza è sempre e solo una “il mio popolo si perde per mancanza di conoscenza” dice il Signore, ma conoscenza di cosa? Ermete ci ricorda che il vero male dell’uomo è l’ignoranza di Dio. L’uomo si perde, quindi, perché non conosce Dio e non comprende le sue Leggi. Non comprendendone le Leggi agisce in modo sconsiderato e subisce i risultati nefasti delle sue azioni.

 

Il Vangelo di Matteo ci consiglia:

 

“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33).

 

E quello di Tommaso afferma:

 

“Il Regno di Dio è dentro di te e tutto intorno a te. Non è negli edifici di pietra e cemento. Spezza un legno e io ci sarò, alza una pietra e lì mi troverai.”

“Colui che trova il senso segreto di queste parole non assaggerà la morte.”

 

Che ciascuno di noi sappia cogliere il consiglio di Matteo, ricordando sempre quanto afferma Tommaso, afferrando l’offerta di Malki-Tsedeq.

 

Buon Cammino!

Seminari di Novembre 2011 del Lectorium Rosicrucianum

Riporto, due appuntamenti organizzati dal Lectorium Rosicrucianum – Scuola Internazionale della Rosacroce d’Oro, come riportati nelle locandine che pubblicizzano gli eventi.

 

Si tratta di due seminari:

Entrambi gli eventi sono a ingresso libero, è però, gradita la prenotazione.

 

– 5 e 6 Novembre 2011: Seminario in due giorni; LA ROSACROCE D’ORO dalle origini al XXI° secolo, presso il Centro Regionale di Via Bicetti de Buttinoni, 1 Milano.

 

– 26 e 27 Novembre 2011: Seminario in due giorni; CAGLIOSTRO, SAINT GERMAIN, SAINT MARTIN E LA VIVENTE ROSACROCE, presso il Centro Regionale di Via Bicetti de Buttinoni, 1 Milano.

 

Per ulteriori informazioni
Telefonare al n° 346/8367901
e-mail: lombardia@rosacroce.info
o visitare il sito: www.rosacroce.info

 

ecco il dettaglio delle locandine:

 

LA ROSACROCE D’ORO
dalle origini al XXI° secolo

 

 
 
L’impulso spirituale della Rosacroce d’Oro ha toccato l’umanità diverse volte e continua a farlo tutt’oggi. Nella storia nacquero diversi movimenti, per rispondere ciascuno, entro le proprie possibilità, a questi tocchi della Fraternità della Rosacroce d’Oro. Vedremo, in due giorni, il filo sottile che lega tutte queste risposte, osservando fatti, documenti e date, ma sopratutto analizzando l’Insegnamento esoterico che si trovava, e tutt’ora si trova, alla base di tutte queste manifestazioni della Rosacroce d’Oro. Come chiusura del seminario, i partecipanti, avranno l’opportunità di prendere parte, nel nostro Tempio regionale della Rosacroce d’Oro ad uno dei nostri Servizi di Tempio, durante il quale potranno entrare in contatto con uno degli aspetti del lavoro concreto, che la Fraternità offre all’umanità per la sua rigenerazione.

 

 

Programma di Sabato 5 Novembre 2011

 

Ore 10,30 – 10,45Apertura seminario

Ore 10,45 – 12,30La Rosacroce d’Oro dal 16° al 18° sec.

Ore 14,00 – 14,45Workshop: Elementi base di Alchimia

Ore 14.45 – 15.30Consultazione fonti documentali (su vari supporti e Slide)

 

Programma di Domenica 6 Novembre 2011

 

Ore 10,30 – 11,30Workshop: Principi base di Cabalà

Ore 11.30 – 12.30 Movimenti Rosacroce d’Oro del XIX e XX° sec.

Ore 14,00 – 15,30Il Lectorium Rosicrucianum, storia e metodo.

Ore 16,00 – 16,45Servizio di Tempio per allievi e partecipanti al seminario

0re 17,00 – 17.10Chiusura seminario

 

 

 

presso la nostra sede di via BICETTI DE’ BUTTINONI, 1MILANO

 

Ingresso Libero – gradita prenotazione

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CAGLIOSTRO,SAINTGERMAIN, SAINT MARTINELAVIVENTEROSACROCE

 

Solleveremo un po’ il velo dei misteri occidentali attraverso la porta di questi emblematici personaggi.

 

Programma di Sabato 26 Novembre 2011

Ore 10,30 – 10,45Apertura seminario

Ore 14,00 – 15,45Cagliostro fra Massoneria e Rosacroce

Programma di Domenica 27 Novembre 2011

Ore 10,30- 12,30Saint Germain,Alchimia e Rosacroce

Ore 14,15-15,00Servizio di Tempio per allievi e partecipanti al seminario

Ore 15,00-15,30Chiusura seminario

 

 

presso la nostra sede di via BICETTI DE’ BUTTINONI, 1MILANO

Ingresso Libero – gradita prenotazione

DA’AT LA SEFIRA DELLA GNOSI

 

                                                                                    

                                                        KETER

                                                     (CORONA)

      BINà                                               chokhmà

(INTELLIGENZA)                                       (SAPIENZA)

 

                                   ——–*

 

    ghevurà                                                cheded                             

      (FORZA)                                                 (AMORE)

                                       tiferet

                                    (BELLEZZA)

 

     hod                                                             netzach

(sPLENDORE)                                   (VITTORIA O ETERNITà)

                                          yesod

                                   (FONDAMENTO)

 

                                        malkhut

                                        (REGNO)

 

 

 

IN QUESTA POSIZIONE APPARE SI TROVi CELATA L’UNDICESIMA SEFIRA DA’AT

 

 

Nel primo capitolo alla terza sezione del Sefer Yetzirà è scritto

 

<<Dieci Sefiroth Belimà; dieci e non nove, dieci e non undici. >>

 

eppure uno dei diagrammi traccianti i sentieri che uniscono le Sefiroth sottintende chiaramente l’esistenza di una undicesima sefira, posta fra i livelli:

Binà (intelligenza) / Chockmà (Sapienza) Gevurà  (Forza) / Chesed (Amore).

Il Sefer Yetzirah nella prima sezione, del primo capitolo, recita <<… Dieci sefiroth Belimà e ventidue lettere fondamentali …>>

Il diagramma sopra citato unisce le Sefiroth mediante ventidue sentieri (uno per ciascuna delle lettere dell’alfabeto).

La parola Sefira può significare sia sfera sia emanazione.

Cosa vuol dire Belimà?

Belimà significa trattenimento, nulla, senza perché, chiusura.

Nel Sefer Yetzirà, alla sezione 5 del Vi° Capitolo leggiamo

<<Anche questo di fronte a quello fece il Signore: bene di fronte a male, male di fronte a bene…>>.

Il testo termina ricordando il patto fatto con Abramo. Questo patto fu necessario a causa della caduta.

Il Sefer Yetzirà tratta della formazione dell’universo materiale (fondato sul rapporto fra gli opposti ), universo venuto ad esistere a causa della caduta.

si tratta di un mondo provvisorio, un mondo nato per essere un campo d’esistenza in grado di ospitare i microcosmi divini mutilati a causa della caduta e quindi incapaci di mantenersi nei domini divini originali.

ribadiamo quindi che Questo mondo, creato come ordine di soccorso è solo un dominio provvisorio, senza uno scopo eterno.

Si tratta di un luogo in cui il microcosmo caduto è rinchiuso, trattenuto, fino a quando non intraprenderà il suo cammino di pentimento, un cammino di ritorno alla Casa del Padre.

Ecco perché solo dieci sefiroth sono impiegate assieme alle ventidue lettere.

perché dieci sefiroth e non nove, dieci e non undici?

nove non consentirebbero di celare, in potenza, l’undicesima, sarebbe un mondo in cui l’eqilibrio è impossibile.

la seconda sezione del primo capitolo recita <<dieci sefiroth belimà;  come il numero delle dita. cinque di fronte a cinque, e un patto unico è orientato in mezzo, con la parola della lingua e nella parola ha-maor.>>

<<cinque di fronte a cinque>> è l’immagine di un equilibrio fra le due forze contrapposte e complementari che reggono questa natura materiale caduta. 

si tratta dell’alternanza degli opposti, su cui si regge questo nostro mondo caduto. il giorno e la notte si alternano costantemente e l’uno non può prevalere sull’altro in modo assoluto. 

<<e un patto unico è orientato in mezzo>> queste parole non si riferiscono alla circoncisione ma sottintendono la possibilità di rigenerazione offerta da dio all’uomo di buona volontà; esse velatamente parlano dell’undicesima sefira, da’at, posta anch’essa sull’asse centrale dell’albero sefirotico.

non undici, perché L’undicesima sefira deve rimanere nascosta, essa non fa parte di quest’ordine di soccorso, è trascendente rispetto a questo mondo, ma può divenire immanente se il microcosmo s’impegna nel cammino di ritorno alla casa paterna, un cammino di pentimento e di resa dell’io al divino.

ecco che con la comparsa dell’undicesima sefira l’albero sefirotico non è più l’immagine dell’albero della conoscenza del bene e del male, ma diviene immagine dell’albero della vita.

queste considerazioni dovrebbero far chiaramente comprendere perché il mondo caduto in cui viviamo è stato formato con le sefirot belimà. ricordiamo che Jacob boheme definiva il nostro mondo “un tutto chiuso”.

da’at significa conoscenza, è la sefira della vera conoscenza, della gnosi di dio.

Da’at è la sefira che rappresenta la scintilla spirituale nel cuore del microcosmo umano.

Fate però attenzione, non si tratta del cuore della personalità (legato a passioni e sentimenti, simbolo di tutto ciò che è emotivo), ma del cuore del microcosmo.

Difatti, Da’at è posta sullo stesso asse di TiFeret (rappresentante il cuore) ma al disopra di essa. ESSA è Posta sotto Keter e sotto l’asse orizzontale formato da Binà / Chockmà, sembra essere un riflesso di Keter.

Quando in un microcosmo caduto la Gnosi è stata ritrovata, appare l’undicesima Sefira, Da’at (la conoscenza).

con l’apparizione dell’undicesima sefira vediamo apparire tre gruppi di tre sefiroth che portano da keter a malkut.

 

Keter = Corona

1)

Chokhmà = Sapienza  |

Binà = Intelligenza     |    —————–       TESTA

Da’at = Conoscenza   |  /

2)

Chesed = Amore                |

Ghevurà = Forza             |      ————–       CUore

Tiferet = Bellezza          | /

3)

Netzach =  Vittoria       |

Hod = Splendore             |       —————      bacino

Yesod = Fondamento   | /

 

Malkhut = Regno

 

il triplice tempio umano formato da testa, cuore e bacino è ora ricostruito!

 

BUon cammino!

 

NOTA BIBLIOGRAFICA:  LE CITAZIONI DEL SEFER YETZIRà SONO TRATTE DALLA TERZA RISTAMPA DELL’EDIZIONE ITALIANA PUBBLICATA DALLA ATANòR CON IL TITOLO “SEFER YETZIRà – LIBRO DELLA FORMAZIONE”. SI TRATTA DI UN EDIZIONE CON TESTO EBRAICO A FRONTe

La Matematica Divina

In questo post tratterò dell’aritmosofia che, COME VEDREMO, ben si integra con la cabala.

 

ho deciso di trattare un argomento apparentemente così complesso, poiché la matematica in molte culture è stata considerata, a buon titolo, una scienza sacra.

 

essa si trova alla radice di tutte le scienze.

 

per comprendere l’aritmosofia si deve avere almeno una elementare infarinatura delle operazioni teosofiche.

 

Le Operazioni teosofiche

 

La somma teosofica di un numero n si ottiene dalla formula (n*(n+1))/2

Quindi ad esempio la somma teosofica di 12 è uguale a (12*(12+1))/2 = 78

 

La riduzione teosofica si ottiene dall’addizione delle sue cifre e ripetendo tale operazione sino ad arrivare ad un solo numero.

Ad esempio la riduzione teosofica di 183 è uguale a 1+8+3=12 da cui 1+2=3. Quindi la riduzione teosofica di 183 è 3.

 

La radice essenziale di un numero n è data dalla sua somma teosofica sulla quale si applica in seguito la riduzione teosofica.

Quindi dato il numero 12 la sua somma teosofica è 78, riducendo 78 si ottiene 7+8 = 15, quindi 1+5 = 6. Concludendo la radice essenziale di 12 è 6.

 

Arturo Reghini fu un grande esperto di Aritmosofia e Geometria Pitagorica. Nel suo libro, intitolato appunto “Aritmosofia” troviamo la seguente classificazione:

 

<<… i numeri 1, 4, 7, 10 hanno per radice essenziale l’unità, appartengono alla regione divina; i numeri 3, 6, 9 che portano per radice essenziale a se stessi e mai all’unità appartengono alla regione materiale; il 2, il 5 e l’8 che portano ora ai numeri della materia ora ai numeri dell’unità, appartengono alla regione spirituale.>>

 

<<Divinità 1, 4, 7

    Spirito  2, 5, 8

    Materia  3, 6, 9>>

 

Ruotandolo opportunamente come mostra Reghini citando L.C. de St. Martain si ottiene:

 

<<

1,2,3

4,5,6

7,8,9

 

>>

 

Sempre nel medesimo testo leggiamo a proposito di questo quadrato quanto segue:

 

<<1) 2 e 5 sono i soli divisori del 10. La differenziazione, cui si deve la dualità, è causa dell’errore per cui si presta fede alla distinzione e si perde il senso dell’unità dell’essere e dell’universalità della sua manifestazione”.Il 2 è dunque rispetto alla coscienza individuale la causa del loro errore, ed il 5 che risulta dalla divisione operata dal due nella decade rappresenta appunto la coscienza individuata umana, il microcosmo, la stella fiammeggiante, munita dei suoi 5 sensi, ed in rapporto per mezzo di essi con tutto il resto.

2) I numeri situati simmetricamente rispetto al 5, sommati insieme danno 10. Il complemento a dieci dei numeri del mondo divino è dato da numeri del mondo naturale e viceversa.

3) L’8 è il complemento a 10 del 2. questa sua proprietà complementare del 2, di riparatore della distinzione, concorda con la sua proprietà di avere per le sue potenze come radice essenziale ora l’1 ora il 9.

4) Il 5 ha per complemento se stesso. E’ l’uso perfetto dei cinque sensi che ripara l’illusione cagionata da essi. L’anima umana ha in sé il mezzo di assurgere alla coscienza della decade.

5) L’anima umana è situata tra l’essere = 1 e la completa manifestazione di esso = 9; tra la diade (nota mia: diade = 2) e il suo compimento = 8; tra la triade divina (nota mia: triade divina = 3) e il settemplice mondo degli Elohim (7 colori, 7 note, 7 pianeti, legge settenaria di Mendelejeff …), tra lo spirito (individualizzato) = 4 dell’uomo ed il microcosmo = 6.

6) Facendo assumere agli elementi d’angolo la posizione occupata dai numeri pari, conservando loro il medesimo ordine, e collocando poi negli angoli i numeri pari in modo da conservare la legge complementare a 10, si ottiene il quadrato magico

 

8,1,6

3,5,7

4,9,2

 

Quadrato magico di Saturno

 

dove la somma delle colonne, delle righe e delle diagonali è uguale a 15 = 6>>

 

Queste poche parole sono una bella immagine dell’armonia che regge il creato.

Per gli Ebrei il numero 13 è considerato un numero propizio, per gli Gnostici esso è il numero dell’Eone che sta alla froniera fra gli Eoni della natura materiale caduta e quelli superiori del Padre.

 

Se applichiamo la somma teosofica al numero 13 ottEniamo 91 e se riduciamo tale somma otteniamo 10 e quindi 1. Ne deriva che la radice essenziale del 13 è l’Unità divina.

 

Questo mondo, invece è sotto i 12 eoni della Natura della Morte, e come abbiamo già visto la sua somma teosofica è 78 mentre la sua radice essenziale è 6. Il  numero 6 appartiene alla regione materiale.

 

Il 5, numero di Marte, rappresenta la Quintuplice anima umana, essa è venuta ad esistenza, in tale struttura, a motivo della divisione operata dal 2 della Decade. Il Due rappresenta il modo della Divisione. Si ricordi la parola Diavolo, che deriva dal latino Diabolus e dal greco  diabolos che significa “colui che divide”.

Il Genesi in Ebraico inizia con la parola BeReShiT (Tradotta come “in Principio” e traducibile anche con “Nel proincipio”), anagrammandola si può ottenere BeRiTeSh (che significa “Il Patto di Fuoco”).

In entrambi i casi la prima lettera è una Bet che ha valore numerico 2.

 

La Tradizione ci racconta che tutte le lettere si presentarono a YHWH, ma egli scelse proprio la Bet. L’Unità è latente nel Genesi, poiché esso narra del regno della Divisione. Esso però contiene la possibilità e la promessa di rigenerazione contenute nel “Patto di Fuoco”).

 

L’anima umana ha la possibilità di orientarsi al servizio dell’Unità divina e di adottare un comportamento di vita conseguente. Divino e Umano devono lavorare assieme per la rigenerazione del microcosmo caduto. L’umano deve riconoscere la sua funzione di Servizio al Divino, il quale lo deve sostenere perché possa servirlo opportunamente. Ecco perché “Il complemento a dieci dei numeri del mondo divino è dato da numeri del mondo naturale e viceversa.”

 

L’ottava delle lettere dell’alfabeto Ebraico è la Het che vale appunto 8. Il suo significato è “steccato” essa rappresenta il campo di forza di una Fraternità al servizio del Divino. Esso cinta e protegge chi ne fa parte. La parola Het in Ebraico è formata da He Yod Tet. La Yod è simbolo della potenza attiva di YHWH, mentre le due lettere He e Tet messe assieme formano la parola HaT che significa Terrore, Spavento.

Nel mezzo del terrificante turbinio della vita ordinaria fatta dall’alternarsi di gioie e dolori, felicità e ansia, Paura e coraggio ecc… un Simile campo di Forza protegge colui che ne partecipa dall’influenza di un simile mondo decaduto.

Questa protezione, offre al partecipante uno spazio ove egli può lavorare alla rigenerazione del microcosmo che abita. Questo campo gli da anche il necessario nutrimento, affinché possa essere fortificato in vista di questo santo lavoro. Ecco perché l’8 è il complemento a 10 del 2. Si noti anche che il tetragramma divino, ovvero il nome di Dio composto di quattro lettere YHWH ha valore 26. Yod = 10, He = 5, Waw = 6, He = 5. La riduzione teosofica di 26 è uguale a 8. Se cerchiamo la radice essenziale del Tetragramma troviamo il numero 9, numero appartenente alla sfera materiale. Quindi possiamo dire che Dio stesso offre nutrimento e protezione ai partecipanti ad un simile Campo di Forza, poiché la sua manifestazione, rappresentata dal Tetragramma, è in grado d’afferrare la materia facendo da ponte fra la materia decaduta è il mondo divino. L’immagine geroglifica dei simboli arcaici in cui la lingua ebraica era scritta prima dell’introduzione del quadrato (vedi alfabeto fenicio) ci presenta una mano che apre una finestra (dalla quale può entrare il soffio divino) questa finestra una volta aperta non può essere richiusa, poiché il divino stesso la blocca aperta con una Wav un gancio.

 

L’anima umana può applicare la resa di sé al divino, che pian piano deve sempre più riconoscere nel microcosmo che abita. Essa è nel centro del mondo di possibilità che il divino le offre come mezzo di rigenerazione. Difatto la somma dei numeri che hanno il 5 fra loro (nel quadreato di St. martain) da sempre 10. Sta ad essa far buon uso di queste possibilità.

 

La mutazione del detto quadrato in quello di Saturno è molto importante, poiché Saturno rappresenta la porta, il limite della natura Materiale. Esso contiene ed apporta forze e possibilità ma anche limite e cristallizzazione. Quale sia l’effetto di Saturno su ciascuno lo determina l’orientamento della sua anima.

 

Per chi fosse interessato ho trovato molto interessante la lettura del testo di Reghini che mi ha dato la possibilità di fare le riflessioni che ho deciso di condividere.

Non so se sia ancora in catalogo o meno, ma chi fosse interessato può controllare il catalogo aggiornato delle edizioni ed in alternativa nei cataloghi delle Biblioteche.

 

Bibliografia:

 

– Titolo: Aritmosofia, Arturo Reghini, Archè – Edizioni PiZeta, maggio 2000, ISBN 88-87625-05-0

 

Buon Cammino!