La Magia di Enrico Cornelio Agrippa

Perché pubblicare un post su questo personaggio?

Poiché tanto è stato detto e scritto su di lui e sulla sua opera, ma poco è stato compreso della sua ricerca!

H.C. Agrippa fu un cercatore diverità dei suoi tempi. L’ambito della ricerca nel quale si mosse fu una delle quattro vie che si presentarono di fronte a Cristiano Rosacroce nelle Nozze Alchemiche, ovvero la via occulta, di cui è detto essere molto pericolosa. Ai suoi tempi tale via era percorribile, oggi però è sconsigliabile poiché non più adeguata ai nostri tempi.

Tuttavia resta sempre una testimonianza di un serio ed onesto lavoro interiore alla ricerca della verità.

 

Per chiarire quale sia la profondità del lavoro di cui si parla è bene citare qualche estratto di un saggio di Arturo Reghini, che si può trovare oltre che in rete anche come prefazione al primo tomo della Filosofia Occulta o la Magia (ristampato nel 1991 per i tipi della Mediterranee); oltre a qualche estratto del terzo libro facente parte della citata opera di Agrippa, La Filosofia Occulta o la Magia.

 

 

L’Associazione Segreta di Agrippa assieme al suo amico Landolfo.

 

Agrippa fondò un’Associazione Segreta dedita alla ricerca come testimoniano gli estratti che seguiranno.  Tale modo d’agire era dovuto non tanto ad un desiderio d’esser parte di una élite ma dalla necessità di proteggere la propria vita.

 

Nel suo saggio su Agrippa e la sua Filosofia Occulta, Reghini scrive:

<<Sfuggito alla meglio avarii e serii pericoli, da Barcellona (Agosto 1508) si reca a Valenza, dove siimbarca per le Baleari, la Sardegna e Napoli; ma torna indietro quasi subito, sempre per mare, toccando Livorno, e sbarca in Provenza, giungendo ad Avignonealla fine del 1508. Ad Avignone apprende che il suo Landolfo è a Lione, e gliscrive (Ep. I, 8): «Dopo queste terribili prove non ci resta che a ricercare inostri amici, a rinnovare i sacramenti della nostra congiura ed a ristabilirel’integrità della nostra associazione; ho già fatto entrare con una affiliazione solenne il venerabile compagno della mia lunga peregrinazione, Antonio Xanto. È fedele e taciturno, e degno di esser dei nostri; lo ho provato ed istruito».

 

Più avanti leggiamo una parte di lettera che Landolfo manda ad Agrippa:

<<«È – dice Landolfo – un tedesco come te; è originario di Norimberga, ma abita a Lione. Curioso indagatore degli arcani della natura, ed uomo libero, completamente indipendente del resto, vuole, sulla reputazione che tu hai già, esplorare anche lui il tuo abisso… Lancialo dunque per provarlo nello spazio; e portato sulle ali di Mercurio vola dalle regioni dell’Austro a quelle dell’Aquilone, prendi anche lo scettro di Giove; e se questo neofita vuole giurare i nostri statuti, associalo alla nostra confraternita».

 

Agrippa era un discepolo d’Ermete.

 

Interessante l’attività di Agrippa all’università di Pavia, di cui Reghini scrive:

<<Diviene professore stipendiato di quella università; ha una casa ammobiliata e servitori per sè eper la famiglia; poiché in Pavia aveva preso moglie ed aveva già un figlio. Dalla cattedra dell’università spiega al pubblico il Pimandro, lo scritto ermetico attribuito ad Ermete Trismegisto, che era stato ritrovato in Macedonia da un monaco italiano, Leonardo di Pistoia, e di cui Marsilio Ficino aveva fatto una versione latina, dedicata a Cosimo dei Medici… Secondo Agrippa, nel Pimandro sono contenuti i più profondi misteri della più antica teologia, con i segreti dell’una e dell’altra filosofia, su Dio, sullo spirito, sui demoni e sull’anima, sulla religione ed i suoi misteri, le preghiere segrete, il divino connubio e la rigenerazione. Di questo suo corso ci è pervenuta la prima lezione che si trova nelle edizioni delle sue opere (ed. di Lione, 1600, Tom.II, parte IIa, pp. 401-411)>>.

 

La Chiave della Magia

 

Dalle lettere che scrisse a Padre Aurelio d’Acquapendente, che si trovano riportate nel saggio di Reghini, si comprende che la vera Chiave della Magia, alla quale si riferisce, non ha nulla a che vedere con tutte le opere spurie che gli sono state attribuite e che recano nel titolo o nel sottotitolo il riferimento a questa misteriosa chiave. La vera clavicola della quale egli parla è in realtà uno stato di coscienza maturato ed in armonia con il Logos.

 

Dalla lettera di Agrippa al P.Aurelio d’Acquapendente Ep. V, 14, sempre tratta dal saggio di Reghini, leggiamo:

<<E questo è quello che ora voglio tu sappia, perché in noi stessi è l’operatore di tutti i resultati e fenomeni (effetti) meravigliosi, il quale operatore sa discernere e compiere qualunque cosa i portentosi matematici, i prodigiosi maghi, gli alchimisti perseguitori invidiosi della natura, i malefici negromanti peggiori dei demoni osano promettere; e questo senza alcun delitto, senza offesa di Dio, ed ingiuria della religione. Questo operatore delle cose mirabili, dico, è in noi:

 

Nos habitat non Tartara, sed nec sidera coeli Spiritus in nobis qui viget illa facit.

 

È quello di cui sarebbe il caso di trattare lungamente, ma a quattro occhi (coram). Poiché queste cose non si affidano alle lettere, né si scrivono colla penna, ma, si infondono da spirito a spirito, con poche e sacrosante parole, se accadrà di venire da te>>.

 

Ecco un brano nel quale egli esplica quale sia la vera chiave per dischiudere la porta dei misteri.

 

Dal Libro III Capitolo VI della Filosofia Occulta di H.C. Agrippa leggiamo:

<<La nostra mente pura e divina, fragrante di amore religioso, abbellita dalla speranza, guidata dalla fede, dopo avere attinto il vertice della umana sapienza, attira a sé la verità e nella verità divina istessa, come nello specchio dell’eternità, scorge le cose mortali e le immortali, la loro essenza, le loro cause e tutto comprende. Perciò in tale stato di purezza e d’elevazione ci è dato conoscere le cose che sono al di sopra della natura e scrutare tutto ciò che è contenuto nel nostro mondo>>.

 

Vediamo come Agrippa ci dica che sesi può vivere in un costante orientamento sostenuto da Fede, Speranza e Amore allora l’Anima potrà <<conoscere le cose che sono al di sopra della natura e scrutare tutto ciò che è contenuto nel nostro mondo>>.

 

La Grande Opera

Agrippa descrive, poi, in sintesi in cosa consista la Grande Opera. La Morte alla quale si riferisce è la morte mysticae non quella fisica. Egli parla, qui, della resa di sé e del divenire indipendente dell’Anima Nuova rispetto alla schiavitù del corpo.  Quando parla d’Intelletto si deve ricordare che usa riferimenti ermetici e che nel “Pimandro” Ermete chiama Pimando l’Intelligenza. Questa resa di sé è la base per poter divenire uno in Dio e con Dio.

 

Dalla lettera di di Agrippa, riportata nel già citato saggio di Reghini, al P.Aurelio d’Acquapendente Ep. V, 19 leggiamo:

<<Per quanto si attiene alla filosofia che desideri, voglio che tu sappia, che il conoscere lo stesso dio opifice di tutte le cose, ed il trapassare in lui con l’interna immagine della similitudine (ossia con un certo contatto o vincolo essenziale), per mezzo di cui ti trasformi e divieni dio stesso: in quel modo che dio disse a Mosè, dicendo: ecco ti ho costituito dio del Faraone; voglio che tu sappia, che questa è la vera, la somma occultissima filosofia delle opere ammirabili. La chiave di essa è l’intelletto, infatti quanto più alte sono le cose di cui abbiamo intelligenza, tanto più alti sono i poteri (virtutes) di cui ci investiamo, tanto più grandi le nostre opere, e tanto più grande la facilità e l’efficacia con cui le operiamo. Infatti il nostro intelletto incluso nella carne corruttibile, se non ha superato la via della carne, se non si è assortito alla sua propria natura e non ha potuto unirsi a quelle virtù (poiché invero esse non si aggregano se non a quel che è simile ad esse), ed a quelle cose occultissime di dio e segreti della natura che sono da investigare, è affatto inefficace; atque hoc opus, hic labor est, superas evadere ad auras. In che modo, infatti, chi ha perduto sè stesso nella cenere e nella polvere mortale, può trovare dio stesso? In qual modo apprendere le cose spirituali, immerso come è nella carne e nel sangue? L’uomo vedrà il signore, e vivrà? Che frutto apporterà il grano del frumento, se prima non divenga morto? Poiché è necessario morire, morire, dico, alla carne, e a tutti i sensi, ed a tutto l’uomo animale, se si vuole entrare in questi penetrali dei segreti. Non che il corpo si diparta (separetur) dall’anima, ma che l’anima abbandoni (relinquat) il corpo, della quale morte Paolo scrisse ai Colossesi: siete morti, e lavostra vita è nascosta con CRISTO. E altrove più chiaramente dice di sè stesso:so che l’uomo fu rapito al terzo cielo, nel corpo o fuori del corpo, non lo so, dio lo sa, e le rimanenti che seguono. Occorre morire, dico, di questa morte preziosa in conspetto del Signore, il che accade a pochissimi, e per avventura non sempre: poiché pauci quos aequus amavit Iuppiter, aut ardens evexit ad aethera virtus, diis geniti potuere. Prima di tutto quelli che non sononati dalla carne e dal sangue, ma sono nati da dio; subito dopo quelli che sono resi degni di ciò (dignificati) da un beneficio della natura, e da un dono genetliaco del cielo; gli altri si sforzano di pervenirvi con i meriti e conl’arte, di cui a viva voce ti darò più sicuro ragguaglio>>.

 

Per poter compiere la Grande Opera è necessario aspirare con tutto il cuore alla rigenerazione. Sulla base di una tale aspirazione è possibile lavorare per l’indipendenza dell’Anima dai lacci delle forze di questo mondo.

 

Dal Libro III Capitolo IV della Filosofia Occulta di H.C. Agrippa

<<Nel principio del libro di quest’opera abbiano parlato delle qualità che sono indispensabili al Mago. Diremo ora della cosa arcana e secreta, necessaria a chi voglia bene operare in quest’arte, cosa che è il principio, il complemento e la chiave di tutte le operazioni magiche, cioè la dignificazione stessa dell’operatore ad una tanto sublime virtù e potestà. Solo l’intelletto, che è in noi la più alta espressione, è capace di operare le cose miracolose e se esso è troppo dominato dalla carne, non sarà capace di operare sulle sostanze divine, cosa che spiega il perché tanti ricerchino le arie di quest’arte senza trovarle. Bisogna dunque che noi che aspiriamo a tanta alta dignità, troviamo anzitutto il modo per distaccarci dalle affezioni della carne dal senso mortale e dalle passioni della materia e in seguito cerchiamo per quale via e in qual modo ci eleveremo a quelle altezze dell’intelletto puro, senza le quali non potremo mai felicemente pervenire alla conoscenza delle cose segrete e alla virtù delle operazioni miracolose>>.

 

Dal Libro Terzo Capitolo IX dellaFilosofia Occulta di H.C. Agrippa

<<Dobbiamo dunque credere che nostro Signore Gesù Cristo, figliuolo di Dio, è Dio e uomo, una persona e due nature; che è un Dio generato senza madre prima dei secoli; che nel tempo fu fatto uomo senza padre,da una vergine pura prima e dopo il parto; che avendo sofferto in croce è morto, ma che sulla croce ha restaurato la vita e distrutto la morte con la morte; che fu seppellito e discese all’inferno, liberandone le anime dei patriarchi e risuscitando nel terzo giorno per sua propria virtù: che è asceso ai cieli, da dove ha inviato lo Spirito Santo; che verrà a giudicare i vivi e i morti e che alla sua venuta tutti gli uomini risusciteranno nella loro carne e renderanno conto delle proprie azioni. Ecco la vera fede>>.

 

Le parole appena lette seppur molto simili a quelle del credo cattolico velano, invece, qualcosa di più sulla figura di Gesù il Cristo.

  • E’ “una persona e due nature”. Due nature sono compresenti nell’uomo, la natura divina, quanto rimane del microcosmo caduto, e la natura materiale decaduta che lega il microcosmo caduto a questo mondo materiale estremamente denso.
  • Egli “ha restaurato la vita e distrutto la morte con la morte”. La morte in croce e la seguente risurrezione sono il simbolo della vera resa di sé, al divino in noi, e della conseguente restaurazione della Statura Divina Originale. 
  • Egli “ha inviato lo Spirito Santo; che verrà a giudicare i vivi ei morti”. A fronte della Restaurazione della Statura Divina Originale del Microcosmo, lo Spirito Santo può agire direttamente su un tale uomo.
    • Ed a proposito dello Spirito Santo dice che  “alla sua  venuta tutti gli uominirisusciteranno nella loro carne”. La conseguenza dell’azione dello SpiritoSanto è la Risurrezione nella Carne, ovvero la completa Trasfigurazione.

L’augurio è che queste citazioni assieme alle poche parole di commento possano essere una testimonianza che dia sempre più fiducia, nella possibilità di trovare la Verità, a tutti i seri cercatori.

 

 

Buon Cammino!

Bibliografia:

Enrico Cornelio Agrippa, La filosofia occulta, o La magia, prima traduzione italiana di Alberto Fidi; preceduta da un ampio studio introduttivo sopra l’autore e la sua opera, a cura di Arturo Reghini, A. Fidi, Milano, 1927 (e ristampa Roma,1991, Edizioni Mediterranee).

 

 

 

La Magia di Enrico Cornelio Agrippaultima modifica: 2011-09-20T16:49:27+02:00da cubica-rc
Reposta per primo quest’articolo