Una riflessione sui Tarocchi

Riporto il testo di un post, del moderatore, del forum

“it.groups.yahoo.com/group/saggezza_della_rosacroce” :

Vorrei condividere qualche riflessione sui Tarocchi, visti nel loro aspetto Ermetico.

Chi si occupa di divinazione sostiene che la combinazione degli arcani maggiori Torre – Morte – Diavolo abbia un’incidenza nefasta nella lettura divinatoria e rappresenti il rischio di malattie o cose ancor più gravi.

Cosa si cela, dal punto di vista Ermetico in questa combinazione?

Prendiamo le carte di due dei più importanti mazzi di Tarocchi in circolazione, quello di Wirth e quello di Waite.

Per la visione delle immagini dei due mazzi consiglio i seguenti link.

Per Wirth:
http://www.tarocchi.net/I_Tarocchi_di_Oswald_Wirth__21

Pewr Waite:
http://www.tarocchi.net/I_Tarocchi_di_Arthur_Waite__25
oppure
http://en.wikipedia.org/wiki/Rider-Waite_tarot_deck

Vi sono elementi comuni fra le carte di questi mazzi, ma anche rappresentazioni diverse dei medesimi concetti.

Vediamo le carte una alla volta.

La Torre
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La Torre nel mazzo di Wirth:

7 mattoni cadono dalla torre
6 palle rosse
5 palle gialle
5 palle verdi
3 finestre nella torre
La torre finische con una decorazione che ricorda una corona regale.
Solo uno dei due caduti è Re quello di sinistra

La Torre nel mazzo di Waite:

10 fiamme a destra e 12 a sinistra
3 finestre nella torre
La torre finische con una decorazione che ricorda una corona regale.
Solo uno dei due caduti è Re quello di destra (opposto rispetto a Wirth)

Cosa significano le 6 palle rosse nella carta di Wirth?

La lettera ebraica che ha valore 6 è la Wav che significa gancio. La torre che crolla rappresenta la caduta che ha vincolato i microcosmi alla natura materiale, che è duplice. In definitiva le 6 palle rosse rappresentano le dodici forze della natura materiale, il cerchio zodiacale dialettico, i dodici eoni del basso.

Le 5 palle gialle e le 5 verdi rappresentano i dieci sephirot dell’albero della Vita. Nel libro della Formazione si parla solo delle 10 sephiroth, poste 5 di fronte a 5 e non vi è accenno a Da’at. Questo perché Da’at diviene una realtà solo per coloro che decidono di percorrere un cammino di rigenerazione, di restaurazione dell’Uomo Divino originale.

Il medesimo concetto è rappresentato da Waite con 10 fiamme gialle a destra e 12 a sinistra.
Le 10 fiamme di destra riportano alle 10 sephiroth mentre le 12 a sinistra ai dodici eoni della natura materiale.

I sette mattoni che, nella carta di Wirth, cadono dalla Torre, rappresentano i sette domini di manifestazione del microcosmo. Con la Caduta, l’Uomo ha perso la possibilità di manifestarsi coscientemente in tutti i domini.

La Torre rappresenta la personalità Regale dell’Uomo Originale. Le tre finestre rappresentano i tre poteri della personalità: Pendiero, Desiderio e Volontà.

La Personalità dell’uomo divino originale è andata distrutta con la caduta ed è questa la ragione della nostra esistenza materiale, divenire dei sostituti di quello che è andato distrutto.

Dei due personaggi che cadono dalla torre solo uno è incoronato e nonostante la caduta non perde la sua corona. Si tratta del microcosmo propriamente detto, la cui origine regale permane nonostante la caduta, mentre la personalità che originariamente era legata a tale microcosmo, come mostra Wirth, morì con la caduta. Nella carta di Wirth, infatti, la figura priva di corona è al suolo ed un mattone la colpisce in testa. Il potere di ideazione originale è perduto. La gloria della personalità dell’uomo originale è ormai svanita.

La Morte
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Questa carta nel mazzo di Wirth è rappresentata come uno scheletro con la falce in mano ed ai suoi piedi vi sono la testa di un re coronato, quella di una donna e mani e piedi che spuntano dal terreno.

Nel mazzo di Waite la morte è un cavaliere, con tanto di armatura ed insegne. Ai suoi piedi un re morto, due bambini genuflessi di cui uno distoglie lo sguardo dal cavaliere. In piedi con le mani giunte un alto prelato si pone difronte al cavallo. Alla sinistra del cavaliere, quindi alla destra del prelato, in lontananza, il sole sorge o tramonta al dilà di due bastioni, due alte colonne di una porta.

Vista nell’ottica della caduta la Morte è la prima conseguenza di questa.

Considerata nel corso del processo di rigenerazione, di Trasfigurazione, essa è la morte mistica, la totale resa dell’io. Questa resa è l’unica possibilità per far tornare il microcosmo alla sua antica gloria.

Il re morto o la testa del re che spunta ai piedi della Morte ci riportano alla frase latia “Iustum Necar Reges Impios” é giusto far morire il re empio. Il Re empio è l’io che deve giungere ad una totale autoresta al microcosmo divino.

Il Diavolo
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Nel Mazzo di Waite vediamo due figure antropomorfe che però hanno corna e coda, incatenate per il collo allo scranno del Diavolo.

Sulla testa del Diavolo c’è la stella a cinque punte capovolta.

Nel Mazzo di Wirth vediamo una figura molto simile, tuttavia, le figure sono meno antropomorfe e sul diavolo vi sono alcuni simboli: Sulla testa la stella a cinque punte diritta, sul bacino l’Ank o chiave della vita e sulle braccia la formula alchemica “Solve et Coagula”, il Solve sul braccio destro e Coagula sul sinistro.

La Carta esprime il legame delle due forze maschie e femminile, che nell’uomo sono asservite all’influenza della natura caduta, rappresentata dal Diavolo. Il pentagramma diritto è il simbolo dell’uomo divino, mentre quello rovesciato del Diavolo, dell’uomo caduto. La chiave della vita rappresenta la concreta possibilità di accedere ad un nuovo campo di vita.

La Carta di Waite esprime bene l’asservimento dell’uomo alle forze cadute di questa natura della morte, tuttavia quella di Wirth mostra che questa natura, può essere vista anche come un ordine di vita nel quale è offerta al microcosmo la possibilità della rigenerazione.

Perché questo possa avvenire è necessario sciogliere tutti i legami con le forze decadute e votarsi alla Volontà divina, vera chiave della Vita.

Quest’orientamento di vita può raddrizzare il pentagramma, ovvero, restituire alla personalità la sua funzione originale. E’ questo il “Coagula” alchemico.

Riassumendo, dal punto di vista ermetico, questa combinazione si può tradurre come segue:

Torre – Consapevolezza della caduta => Pre-Ricordo

Diavolo – Consapevolezza del limite e possibilità di rigenerazione cosciente => Piano di soccorso.

Morte – Cambiamento fondamentale => Morte Mistica

Vediamo, ora le tre carte in relazione all’Albero (sefirotico) della Vita. Non userò i riferimenti della Golden Dawn ma quelli dedotti dai rituali della Rosacroce di Waite.

Nel sistema Rosicruciano di Waite, egli non usò più i Tarocchi ma dei simboli appositamente disegnati e quindi risulta difficile una sovrapposizione dei due sistemi.

Tuttavia comparando i grandi simboli de sentiero con le lame dei tarocchi possiamo dedurre la seguente sovrapposizione:

– Il Diavolo (XV) – 25° Samek – sul sentiero fra Hod e Tiphereth
– La Torre (XVI) – 31° Shin – sul sentiero fra Malkut e Hod
– La Morte (XIII) – 21° Kaf – sul sentiero fra Tiphereth e Geburah

Il percorso di Samek è, ove troviamo il Diavolo, è interdetto dalla Legge della Gerarchia.
Il simbolo del 32° sentiero da una parte è simbolo della caduta ma dall’altra è il simbolo della ricostruzione successiva. Si tratta di un obiettivo, per raggiungere il quale è necessario progredire, realmente, attraverso i gradi dell’evoluzione spirituale. Quindi questo sentiero non viene percorso essendo la conseguenza di un lavoro.

Di questi tre sentieri solo quello fra Tiphereth e Geburah, il 21°, viene percorso. Il sentiero che porta dalla seconda nascita alla tessitura del Manto d’Oro delle Nozze. Questa via di radicale trasformazione passa per la Morte Mistica, Grande Simbolo del sentiero di Kaf.
Kaf Significa «cavità» o «palmo della mano», il suo valore è 20 ed è analogo alla Beth. Kaf significa anche «anca» (vedi l’anca slogata dall’angelo di dio a Giacobbe). Essa è iniziale della parola Kun che significa «fondare, ristabilire, consolidare», ma se si pretende troppo, se l’orgoglio vuol far giungere sino al Padre allora, diviene Kab «rovinare».

Spero che queste poce riflessioni possano essere lo spunto per un approfondimento ulteriore.

La Pesatura delle Anime – dal Libro dei Morti degli Egizi

In questo post desidero condividere qualche breve riflessione sulla famosa scena della Pesatura del Cuore dell’Iniziato, che appare nella terza Tavola.

 

Su un piatto è posto il suo cuore, mentre sull’altro vi è la piuma simbolo di Maat (la Giustizia Divina)

L’iniziato si presenta come l’Osiride Ani.

Nel capitolo 30B, che troviamo in questa tavola, l’Osiride Ani (L’iniziato) pronuncia le seguenti parole:

<<
Il mio cuore madre mia,
Il mio cuore madre mia,
Il mio cuore la mia venuta all’esistenza!
Che nulla in me faccia resistenza verso il mio giudizio;
Che Osiride non si opponga a me;
Che non ci sia separazione fra te e me in presenza di colui che custodisce le scale!
Tu sei il mio ka nel mio corpo [che] tessi e fortifichi le mie membra.
Possa tu venire al luogo di felicità verso cui sto avanzando.
Che il tribunale di osiride non faccia divenire il mio nome di un odore sgradevole, e che nessuna menzogna sia detta contro di me in presenza del dio!
E’ bene per te sentire.
>>

L’iniziato invoca l’aspetto Madre, la forza della Materia Primordiale.

Questa forza può operare per la rigenerazione dell’Iniziato solo se egli si vota totalmente al compito divino ed accetta i suoi giudizi senza opposizione personale.

Nell’iniziato deve regnare un unità fra egli ed il Dio che alberga in lui.

Il suo KA è il suo Abito di Luce. Questo abito è la base sulla quale si sviluppa la forma materiale. Se il suo lavoro è ben condotto il suo KA ne testimonia.

Se il suo Abito di Luce è divenuto il “manto d’oro delle nozze” di cui parlano gli alchimisti rosicruciani del XVI° secolo, allora può entrare nel nuovo campo di vita.

L’iniziato si augura che il giudizio non faccia divenire l’odore del suo nome sgradevole. Il nome è simbolo di una vibrazione, e l’iniziato si augura di poter offrire un <<profumo gradevole a Dio>>, ovvero uno stato d’essere la cui vibrazione sia in accordo con il piano divino.

L’Iniziato, infine, si augura che nessuna menzogna venga detta su di lui davanti al dio, ovvero che nessun aspetto egoico si intrometta nel processo.

Toth annuncia il giudizio positivo

<<
Ascoltate questa sentenza Il cuore di Osiride è in verità stato pesato, e la sua anima gli è testimone;
è stato trovato giusto dalla prova del Grande Equilibrio. Non è stata trovata in lui alcuna malvagità; egli non ha sprecato le offerte nei templi; non ha compiuto il male con le sue azioni;ne egli pronunciò falsa testimonianza mentre era sulla terra.
>>

Toth annuncia che l’anima dell’iniziato ha testimoniato del suo “peso” spirituale. Egli si trova in equilibro con la Legge Divina. Toth dice che l’Iniziato <<non ha sprecato le offerte nei templi>>, ovvero ha saputo approfittare delle possibilità, che i misteri gli hanno dato, di realizzare concretamente il cammino, egli non ha perso tempo e ne ha fatto buon uso.

Le sue azioni sono state rette, ovvero sono stati atti liberatori. Toth termina il suo annuncio dicendo che l’Iniziato <<non pronuciò falsa testimonianza>> ovvero che non ha finto, imitato solo esteriormente, la condotta dell’Iniziato ma la ha vissuta veramente.

 

Buon Cammino!

 

Seminari di Novembre 2011 del Lectorium Rosicrucianum

Riporto, due appuntamenti organizzati dal Lectorium Rosicrucianum – Scuola Internazionale della Rosacroce d’Oro, come riportati nelle locandine che pubblicizzano gli eventi.

 

Si tratta di due seminari:

Entrambi gli eventi sono a ingresso libero, è però, gradita la prenotazione.

 

– 5 e 6 Novembre 2011: Seminario in due giorni; LA ROSACROCE D’ORO dalle origini al XXI° secolo, presso il Centro Regionale di Via Bicetti de Buttinoni, 1 Milano.

 

– 26 e 27 Novembre 2011: Seminario in due giorni; CAGLIOSTRO, SAINT GERMAIN, SAINT MARTIN E LA VIVENTE ROSACROCE, presso il Centro Regionale di Via Bicetti de Buttinoni, 1 Milano.

 

Per ulteriori informazioni
Telefonare al n° 346/8367901
e-mail: lombardia@rosacroce.info
o visitare il sito: www.rosacroce.info

 

ecco il dettaglio delle locandine:

 

LA ROSACROCE D’ORO
dalle origini al XXI° secolo

 

 
 
L’impulso spirituale della Rosacroce d’Oro ha toccato l’umanità diverse volte e continua a farlo tutt’oggi. Nella storia nacquero diversi movimenti, per rispondere ciascuno, entro le proprie possibilità, a questi tocchi della Fraternità della Rosacroce d’Oro. Vedremo, in due giorni, il filo sottile che lega tutte queste risposte, osservando fatti, documenti e date, ma sopratutto analizzando l’Insegnamento esoterico che si trovava, e tutt’ora si trova, alla base di tutte queste manifestazioni della Rosacroce d’Oro. Come chiusura del seminario, i partecipanti, avranno l’opportunità di prendere parte, nel nostro Tempio regionale della Rosacroce d’Oro ad uno dei nostri Servizi di Tempio, durante il quale potranno entrare in contatto con uno degli aspetti del lavoro concreto, che la Fraternità offre all’umanità per la sua rigenerazione.

 

 

Programma di Sabato 5 Novembre 2011

 

Ore 10,30 – 10,45Apertura seminario

Ore 10,45 – 12,30La Rosacroce d’Oro dal 16° al 18° sec.

Ore 14,00 – 14,45Workshop: Elementi base di Alchimia

Ore 14.45 – 15.30Consultazione fonti documentali (su vari supporti e Slide)

 

Programma di Domenica 6 Novembre 2011

 

Ore 10,30 – 11,30Workshop: Principi base di Cabalà

Ore 11.30 – 12.30 Movimenti Rosacroce d’Oro del XIX e XX° sec.

Ore 14,00 – 15,30Il Lectorium Rosicrucianum, storia e metodo.

Ore 16,00 – 16,45Servizio di Tempio per allievi e partecipanti al seminario

0re 17,00 – 17.10Chiusura seminario

 

 

 

presso la nostra sede di via BICETTI DE’ BUTTINONI, 1MILANO

 

Ingresso Libero – gradita prenotazione

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CAGLIOSTRO,SAINTGERMAIN, SAINT MARTINELAVIVENTEROSACROCE

 

Solleveremo un po’ il velo dei misteri occidentali attraverso la porta di questi emblematici personaggi.

 

Programma di Sabato 26 Novembre 2011

Ore 10,30 – 10,45Apertura seminario

Ore 14,00 – 15,45Cagliostro fra Massoneria e Rosacroce

Programma di Domenica 27 Novembre 2011

Ore 10,30- 12,30Saint Germain,Alchimia e Rosacroce

Ore 14,15-15,00Servizio di Tempio per allievi e partecipanti al seminario

Ore 15,00-15,30Chiusura seminario

 

 

presso la nostra sede di via BICETTI DE’ BUTTINONI, 1MILANO

Ingresso Libero – gradita prenotazione

La Magia di Enrico Cornelio Agrippa

Perché pubblicare un post su questo personaggio?

Poiché tanto è stato detto e scritto su di lui e sulla sua opera, ma poco è stato compreso della sua ricerca!

H.C. Agrippa fu un cercatore diverità dei suoi tempi. L’ambito della ricerca nel quale si mosse fu una delle quattro vie che si presentarono di fronte a Cristiano Rosacroce nelle Nozze Alchemiche, ovvero la via occulta, di cui è detto essere molto pericolosa. Ai suoi tempi tale via era percorribile, oggi però è sconsigliabile poiché non più adeguata ai nostri tempi.

Tuttavia resta sempre una testimonianza di un serio ed onesto lavoro interiore alla ricerca della verità.

 

Per chiarire quale sia la profondità del lavoro di cui si parla è bene citare qualche estratto di un saggio di Arturo Reghini, che si può trovare oltre che in rete anche come prefazione al primo tomo della Filosofia Occulta o la Magia (ristampato nel 1991 per i tipi della Mediterranee); oltre a qualche estratto del terzo libro facente parte della citata opera di Agrippa, La Filosofia Occulta o la Magia.

 

 

L’Associazione Segreta di Agrippa assieme al suo amico Landolfo.

 

Agrippa fondò un’Associazione Segreta dedita alla ricerca come testimoniano gli estratti che seguiranno.  Tale modo d’agire era dovuto non tanto ad un desiderio d’esser parte di una élite ma dalla necessità di proteggere la propria vita.

 

Nel suo saggio su Agrippa e la sua Filosofia Occulta, Reghini scrive:

<<Sfuggito alla meglio avarii e serii pericoli, da Barcellona (Agosto 1508) si reca a Valenza, dove siimbarca per le Baleari, la Sardegna e Napoli; ma torna indietro quasi subito, sempre per mare, toccando Livorno, e sbarca in Provenza, giungendo ad Avignonealla fine del 1508. Ad Avignone apprende che il suo Landolfo è a Lione, e gliscrive (Ep. I, 8): «Dopo queste terribili prove non ci resta che a ricercare inostri amici, a rinnovare i sacramenti della nostra congiura ed a ristabilirel’integrità della nostra associazione; ho già fatto entrare con una affiliazione solenne il venerabile compagno della mia lunga peregrinazione, Antonio Xanto. È fedele e taciturno, e degno di esser dei nostri; lo ho provato ed istruito».

 

Più avanti leggiamo una parte di lettera che Landolfo manda ad Agrippa:

<<«È – dice Landolfo – un tedesco come te; è originario di Norimberga, ma abita a Lione. Curioso indagatore degli arcani della natura, ed uomo libero, completamente indipendente del resto, vuole, sulla reputazione che tu hai già, esplorare anche lui il tuo abisso… Lancialo dunque per provarlo nello spazio; e portato sulle ali di Mercurio vola dalle regioni dell’Austro a quelle dell’Aquilone, prendi anche lo scettro di Giove; e se questo neofita vuole giurare i nostri statuti, associalo alla nostra confraternita».

 

Agrippa era un discepolo d’Ermete.

 

Interessante l’attività di Agrippa all’università di Pavia, di cui Reghini scrive:

<<Diviene professore stipendiato di quella università; ha una casa ammobiliata e servitori per sè eper la famiglia; poiché in Pavia aveva preso moglie ed aveva già un figlio. Dalla cattedra dell’università spiega al pubblico il Pimandro, lo scritto ermetico attribuito ad Ermete Trismegisto, che era stato ritrovato in Macedonia da un monaco italiano, Leonardo di Pistoia, e di cui Marsilio Ficino aveva fatto una versione latina, dedicata a Cosimo dei Medici… Secondo Agrippa, nel Pimandro sono contenuti i più profondi misteri della più antica teologia, con i segreti dell’una e dell’altra filosofia, su Dio, sullo spirito, sui demoni e sull’anima, sulla religione ed i suoi misteri, le preghiere segrete, il divino connubio e la rigenerazione. Di questo suo corso ci è pervenuta la prima lezione che si trova nelle edizioni delle sue opere (ed. di Lione, 1600, Tom.II, parte IIa, pp. 401-411)>>.

 

La Chiave della Magia

 

Dalle lettere che scrisse a Padre Aurelio d’Acquapendente, che si trovano riportate nel saggio di Reghini, si comprende che la vera Chiave della Magia, alla quale si riferisce, non ha nulla a che vedere con tutte le opere spurie che gli sono state attribuite e che recano nel titolo o nel sottotitolo il riferimento a questa misteriosa chiave. La vera clavicola della quale egli parla è in realtà uno stato di coscienza maturato ed in armonia con il Logos.

 

Dalla lettera di Agrippa al P.Aurelio d’Acquapendente Ep. V, 14, sempre tratta dal saggio di Reghini, leggiamo:

<<E questo è quello che ora voglio tu sappia, perché in noi stessi è l’operatore di tutti i resultati e fenomeni (effetti) meravigliosi, il quale operatore sa discernere e compiere qualunque cosa i portentosi matematici, i prodigiosi maghi, gli alchimisti perseguitori invidiosi della natura, i malefici negromanti peggiori dei demoni osano promettere; e questo senza alcun delitto, senza offesa di Dio, ed ingiuria della religione. Questo operatore delle cose mirabili, dico, è in noi:

 

Nos habitat non Tartara, sed nec sidera coeli Spiritus in nobis qui viget illa facit.

 

È quello di cui sarebbe il caso di trattare lungamente, ma a quattro occhi (coram). Poiché queste cose non si affidano alle lettere, né si scrivono colla penna, ma, si infondono da spirito a spirito, con poche e sacrosante parole, se accadrà di venire da te>>.

 

Ecco un brano nel quale egli esplica quale sia la vera chiave per dischiudere la porta dei misteri.

 

Dal Libro III Capitolo VI della Filosofia Occulta di H.C. Agrippa leggiamo:

<<La nostra mente pura e divina, fragrante di amore religioso, abbellita dalla speranza, guidata dalla fede, dopo avere attinto il vertice della umana sapienza, attira a sé la verità e nella verità divina istessa, come nello specchio dell’eternità, scorge le cose mortali e le immortali, la loro essenza, le loro cause e tutto comprende. Perciò in tale stato di purezza e d’elevazione ci è dato conoscere le cose che sono al di sopra della natura e scrutare tutto ciò che è contenuto nel nostro mondo>>.

 

Vediamo come Agrippa ci dica che sesi può vivere in un costante orientamento sostenuto da Fede, Speranza e Amore allora l’Anima potrà <<conoscere le cose che sono al di sopra della natura e scrutare tutto ciò che è contenuto nel nostro mondo>>.

 

La Grande Opera

Agrippa descrive, poi, in sintesi in cosa consista la Grande Opera. La Morte alla quale si riferisce è la morte mysticae non quella fisica. Egli parla, qui, della resa di sé e del divenire indipendente dell’Anima Nuova rispetto alla schiavitù del corpo.  Quando parla d’Intelletto si deve ricordare che usa riferimenti ermetici e che nel “Pimandro” Ermete chiama Pimando l’Intelligenza. Questa resa di sé è la base per poter divenire uno in Dio e con Dio.

 

Dalla lettera di di Agrippa, riportata nel già citato saggio di Reghini, al P.Aurelio d’Acquapendente Ep. V, 19 leggiamo:

<<Per quanto si attiene alla filosofia che desideri, voglio che tu sappia, che il conoscere lo stesso dio opifice di tutte le cose, ed il trapassare in lui con l’interna immagine della similitudine (ossia con un certo contatto o vincolo essenziale), per mezzo di cui ti trasformi e divieni dio stesso: in quel modo che dio disse a Mosè, dicendo: ecco ti ho costituito dio del Faraone; voglio che tu sappia, che questa è la vera, la somma occultissima filosofia delle opere ammirabili. La chiave di essa è l’intelletto, infatti quanto più alte sono le cose di cui abbiamo intelligenza, tanto più alti sono i poteri (virtutes) di cui ci investiamo, tanto più grandi le nostre opere, e tanto più grande la facilità e l’efficacia con cui le operiamo. Infatti il nostro intelletto incluso nella carne corruttibile, se non ha superato la via della carne, se non si è assortito alla sua propria natura e non ha potuto unirsi a quelle virtù (poiché invero esse non si aggregano se non a quel che è simile ad esse), ed a quelle cose occultissime di dio e segreti della natura che sono da investigare, è affatto inefficace; atque hoc opus, hic labor est, superas evadere ad auras. In che modo, infatti, chi ha perduto sè stesso nella cenere e nella polvere mortale, può trovare dio stesso? In qual modo apprendere le cose spirituali, immerso come è nella carne e nel sangue? L’uomo vedrà il signore, e vivrà? Che frutto apporterà il grano del frumento, se prima non divenga morto? Poiché è necessario morire, morire, dico, alla carne, e a tutti i sensi, ed a tutto l’uomo animale, se si vuole entrare in questi penetrali dei segreti. Non che il corpo si diparta (separetur) dall’anima, ma che l’anima abbandoni (relinquat) il corpo, della quale morte Paolo scrisse ai Colossesi: siete morti, e lavostra vita è nascosta con CRISTO. E altrove più chiaramente dice di sè stesso:so che l’uomo fu rapito al terzo cielo, nel corpo o fuori del corpo, non lo so, dio lo sa, e le rimanenti che seguono. Occorre morire, dico, di questa morte preziosa in conspetto del Signore, il che accade a pochissimi, e per avventura non sempre: poiché pauci quos aequus amavit Iuppiter, aut ardens evexit ad aethera virtus, diis geniti potuere. Prima di tutto quelli che non sononati dalla carne e dal sangue, ma sono nati da dio; subito dopo quelli che sono resi degni di ciò (dignificati) da un beneficio della natura, e da un dono genetliaco del cielo; gli altri si sforzano di pervenirvi con i meriti e conl’arte, di cui a viva voce ti darò più sicuro ragguaglio>>.

 

Per poter compiere la Grande Opera è necessario aspirare con tutto il cuore alla rigenerazione. Sulla base di una tale aspirazione è possibile lavorare per l’indipendenza dell’Anima dai lacci delle forze di questo mondo.

 

Dal Libro III Capitolo IV della Filosofia Occulta di H.C. Agrippa

<<Nel principio del libro di quest’opera abbiano parlato delle qualità che sono indispensabili al Mago. Diremo ora della cosa arcana e secreta, necessaria a chi voglia bene operare in quest’arte, cosa che è il principio, il complemento e la chiave di tutte le operazioni magiche, cioè la dignificazione stessa dell’operatore ad una tanto sublime virtù e potestà. Solo l’intelletto, che è in noi la più alta espressione, è capace di operare le cose miracolose e se esso è troppo dominato dalla carne, non sarà capace di operare sulle sostanze divine, cosa che spiega il perché tanti ricerchino le arie di quest’arte senza trovarle. Bisogna dunque che noi che aspiriamo a tanta alta dignità, troviamo anzitutto il modo per distaccarci dalle affezioni della carne dal senso mortale e dalle passioni della materia e in seguito cerchiamo per quale via e in qual modo ci eleveremo a quelle altezze dell’intelletto puro, senza le quali non potremo mai felicemente pervenire alla conoscenza delle cose segrete e alla virtù delle operazioni miracolose>>.

 

Dal Libro Terzo Capitolo IX dellaFilosofia Occulta di H.C. Agrippa

<<Dobbiamo dunque credere che nostro Signore Gesù Cristo, figliuolo di Dio, è Dio e uomo, una persona e due nature; che è un Dio generato senza madre prima dei secoli; che nel tempo fu fatto uomo senza padre,da una vergine pura prima e dopo il parto; che avendo sofferto in croce è morto, ma che sulla croce ha restaurato la vita e distrutto la morte con la morte; che fu seppellito e discese all’inferno, liberandone le anime dei patriarchi e risuscitando nel terzo giorno per sua propria virtù: che è asceso ai cieli, da dove ha inviato lo Spirito Santo; che verrà a giudicare i vivi e i morti e che alla sua venuta tutti gli uomini risusciteranno nella loro carne e renderanno conto delle proprie azioni. Ecco la vera fede>>.

 

Le parole appena lette seppur molto simili a quelle del credo cattolico velano, invece, qualcosa di più sulla figura di Gesù il Cristo.

  • E’ “una persona e due nature”. Due nature sono compresenti nell’uomo, la natura divina, quanto rimane del microcosmo caduto, e la natura materiale decaduta che lega il microcosmo caduto a questo mondo materiale estremamente denso.
  • Egli “ha restaurato la vita e distrutto la morte con la morte”. La morte in croce e la seguente risurrezione sono il simbolo della vera resa di sé, al divino in noi, e della conseguente restaurazione della Statura Divina Originale. 
  • Egli “ha inviato lo Spirito Santo; che verrà a giudicare i vivi ei morti”. A fronte della Restaurazione della Statura Divina Originale del Microcosmo, lo Spirito Santo può agire direttamente su un tale uomo.
    • Ed a proposito dello Spirito Santo dice che  “alla sua  venuta tutti gli uominirisusciteranno nella loro carne”. La conseguenza dell’azione dello SpiritoSanto è la Risurrezione nella Carne, ovvero la completa Trasfigurazione.

L’augurio è che queste citazioni assieme alle poche parole di commento possano essere una testimonianza che dia sempre più fiducia, nella possibilità di trovare la Verità, a tutti i seri cercatori.

 

 

Buon Cammino!

Bibliografia:

Enrico Cornelio Agrippa, La filosofia occulta, o La magia, prima traduzione italiana di Alberto Fidi; preceduta da un ampio studio introduttivo sopra l’autore e la sua opera, a cura di Arturo Reghini, A. Fidi, Milano, 1927 (e ristampa Roma,1991, Edizioni Mediterranee).