Cos’è un’autentica Chiesa Gnostica?

Una vera Chiesa Gnostica è un organismo vivente costituito per offrire a tutti gli uomini la possibilità di un contatto con l’Appello del Padre.

A tale scopo vi sono sacerdoti e sacerdotesse che quotidianamente, con il loro impegno, mantengono costante il contatto fra l’aspetto esteriore e quello interiore di tale Chiesa.

I sacerdoti di una vera Chiesa Gnostica non sono una gerarchia di persone superiori agli altri, sono dei servitori. Si tratta di persone che hanno deciso di dedicare la loro vita al servizio del Piano di Salvezza che dal Regno del Padre deve dispiegarsi per il mondo e l’umanità.

Vi sono diversi tipi di compiti di cui, coloro che fanno parte di una tale Chiesa, si occupano. Alcuni propriamente sacerdotali altri, per usare un termine arcaico, più diaconali, ed altri ancora più organizzativi o di divulgazione.

Tutti però prestano la loro opera gratuitamente ed al servizio del fine comune.

Gnosi vuol dire Conoscenza ed una vera Chiesa Gnostica non può non essere anche una Scuola, nella quale l’allievo può progredire nella comprensione del fine dell’opera svolta dalla Chiesa stessa.

Infine è necessario specificare che una Chiesa Gnostica possiede tre aspetti:

  • Un aspetto Esteriore; la Chiesa Esteriore (alla quale appartengono i Diaconi e tutti coloro che svolgono attività per l’esterno). 
  • Un aspetto Interiore; la Chiesa Interiore (della quale fanno parte i Sacerdoti, e nella quale imparano a percorrere il cammino della resa del loro ego a Dio ed a manifestare un’Anima Nuova capace di ricevere in se’ lo Spirito).
  • Un aspetto Interiore più Profondo; La Scuola dei Misteri (nella quale i Misteri possono svelarsi agli occhi di quei sacerdoti che hanno realizzato interiormente quanto la Chiesa Interiore ha insegnato loro).

 

Il processo che porta dalla Chiesa Esteriore, attraverso la Chiesa Interiore, sino alla Scuola dei Misteri è difatto un percorso Iniziatico. Quindi, una Chiesa Gnostica autentica è anche un Ordine Iniziatico.

Cos’è quindi una Chiesa Gnostica di buona fede?

  • Una Chiesa esteriore aperta a tutti coloro che sentono il richiamo del Padre.
  • Una Chiesa interiore, dove è possibile lavorare al Piano del Padre.
  • Una Scuola dei Misteri, nella quale Realizzare appieno tale piano per il mondo e l’umanità.
  • Una Scuola nella quale è dispensato un insegnamento utile a realizzare i tre aspetti appena citati.
  • Un Ordine Iniziatico nel quale lavorare con i vari aspetti dell’insegnamento verso il fine definito dal Piano di Salvezza.

Buon cammino!

Dante e i Catari

Nel XVI° canto del Purgatorio, Dante giunge alla terza Cornice ove si trovano coloro che devono mondarsi dall’ira, avvolti da un denso fumo che acceca e soffoca. In questa cornice, coloro che vi si trovano pregano cantando Agnus Dei, ovvero invocano l’Agnello di Dio, cosa che racchiudeva in se ogni concordia.

In questo fumo Dante scorge la voce di un personaggio che nel corso del dialogo non appare certamente iracondo. Ci si potrebbe chiedere perché si trovi fra gli iracondi. La risposta verrà più avanti.

Dante gli chiede:

«… non mi celar chi fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s’i’ vo bene al varco;
e tue parole fier le nostre scorte»

Dante quindi gli chiede due cose:

               Chi egli sia

               E se sta procedendo sul giusto cammino verso l’Alto.

Quindi il Poeta vuol suggerire che questo personaggio, che ora introduce conosce la strada per andare verso l’Alto.

Il personaggio risponde a Dante:

«Lombardo fui, e fu’ chiamato Marco;
del mondo seppi, e quel valore amai
al quale ha or ciascun disteso l’arco.

Per montar sù dirittamente vai».

Si tratta di Marco di Lombardia, Vescovo Cataro della chiesa di Concorezzo, appartenente alla corrente cosiddetta “mitigata”. Di questa chiesa ci è pervenuto il testo che Nicetas, patriarca Bogomilo diede al Vescovo Nazario (della chiesa di Concorezzo). Il testo è noto come “Interrogatio Johannes”, Le domande di Giovanni (edito anche in Italiano dalla Adelphi, nel testo “La Cena Segreta”).

La fede Catara è quel valore << al quale ha or ciascun disteso l’arco>>, ovvero, che fu perseguitato duramente anche in Italia.

Marco soggiunge anche << Per montar sù dirittamente vai>>, ovvero per andare verso l’Alto, per incamminarti sul cammino di ritorno al Regno del Padre delle Luci, <<dirittamente vai>>, cammina sulla Retta Via, vivi secondo le norme del puro cristianesimo gnostico, che i catari abbracciarono sino alle più dure conseguenze.

Marco continua:

Così rispuose, e soggiunse: «I’ ti prego
che per me prieghi quando sù sarai».

Marco di Lombardia chiede a Dante di Pregare per lui. Sembra che Marco riconosca Dante come suo Fratello in spirito, tanto da chiedergli perfino di pregare per lui, ma forse c’è anche dipiù.

Nelle comunità Catare quando un giovane incontrava un anziano, un perfetto, o anche quando due anziani si incontravano era uso fare il Melhorament. Si trattava di una triplice genuflessione che terminava con la supplica <<Benediteci, abbiate pietà di noi>>. A questa triplice genuflessione seguivano il bacio della pace e la supplica <<Buoni Cristiani, dateci la benedizione di Dio e la Vostra; pregate il Signore per noi che ci protegga da una cattiva morte e ci conduca a una buona fine o nelle mani dei fedeli Cristiani>>, la risposta era <<Ricevetela da Dio e da noi; Dio vi benedica, strappi la vostra anima da una cattiva morte e vi conduca a una buona fine>>.

La richiesta di pregare per lui, fatta da Marco a Dante e la sua risposta potrebbero ascondere <<sotto il velame de li versi strani>>, l’immagine stilizzata di un Melhorament.

 

Dante, infatti, nel verso successivo dice:

E io a lui: «Per fede mi ti lego
di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio
dentro ad un dubbio, s’io non me ne spiego.

Dante afferma <<Per fede mi ti lego>>. Questa frase è legata a quella successiva << di far ciò che mi chiedi>>. Questo è un artifizio strutturale, ovvero, la frase completa è <<Per fede mi ti lego di far ciò che mi chiedi>>, quindi il senso apparente sarebbe <<Ti prometto di fare quanto mi hai chiesto>> come a concludere la stilizzazione del Melhorament di cui abbiamo parlato.

Tuttavia, vi si trovano anche altri aspetti complementari a quanto già esposto. Questa terzina così concepita fa terminare la prima riga con la sola parte <<Per fede mi ti lego>>, ovvero, <<Siamo legati perché condividiamo la stessa fede>>, si tratta della Fede Cristiano Gnostica dei catari.

Il cristianesimo Gnostico è Dualista, ovvero, considera l’esistenza di una Natura Divina originale e di una Natura della Morte, generata da potenze Cadute. Il Mondo Divino è retto dal Padre delle Luci mentre questo mondo materiale è sotto il dominio del “Principe di Questo mondo”, che i Catari chiamavano Lucibel. Il mondo creato e retto da Lucibel, nome che indica Lucifero, l’Angelo Caduto, l’equivalente del Jaldabaoth che troviamo nei testi di Nag-Hammadi è un mondo diviso fra valori relativi ed incostanti come bene e male, giorno e notte, luce e tenebra. Il bene assoluto non può essere trovato se non nel Regno di Dio, nel Mondo Divino retto dal Padre delle Luci. Nel Cristianesimo, Lucibel o Lucifero è anche chiamato Diavolo, dal latino Diabolus, che significa <<Divisore>>, ma anche Satana che significa <<grande avversario>>. Nel vangelo di Luca leggiamo <<Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno?>>. Che questo mondo sia ambivalente e che sia bene sia male siano in realtà soggetti al Principe di questo mondo non è cosa nuova nemmeno nelle scritture canoniche visto che nella prima lettera ai corinzi leggiamo <<Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla; parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla>>. Le forze che dominano questo mondo cercano d’imitare quelle del Regno del Padre e così, nella seconda lettera ai corinzi, leggiamo: <<Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere.>>. Nella lettera agli Efesini, poi, l’Apostolo Paolo scrive <<Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti>>.

Dante a questo punto vuol introdurre la Dottrina delle due Nature di cui abbiamo appena parlato e lo fa con un artifizio, ovvero, la espone in modo criptico motivando questa sua esposizione con la necessità di sciogliere un dubbio, infatti  dice a Marco <<ma io scoppio dentro ad un dubbio, s’io non me ne spiego>>.  Nel versetto successivo vedremo come questo dubbio non sia assolutamente vero poiché termina con le parole << … che mi fa certo qui, e altrove, quello ov’ io l’accoppio>>.

Vediamo i versi in questione, per esteso:

<<Prima era scempio, e ora è fatto doppio
ne la sentenza tua, che mi fa certo
qui, e altrove, quello ov’ io l’accoppio.

Lo mondo è ben così tutto diserto
d’ogne virtute, come tu mi sone,
e di malizia gravido e coverto;

ma priego che m’addite la cagione,
sì ch’i’ la veggia e ch’i’ la mostri altrui;
ché nel cielo uno, e un qua giù la pone»

La prima terzina dice << Prima era scempio, e ora è fatto doppio ne la sentenza tua>>. Nella fede di coloro che perseguitarono i catari non è accettata la dottrina delle due nature. Difatti il mondo, secondo tale fede, è uno ed una sola è la natura.

 

Tutto il creato è opera di un unico Dio. Tuttavia in esso operano sia le forze di Dio sia quelle dell’angelo ribelle divenuto il Diavolo, in seguito alla sua caduta dal Paradiso. Quindi il mondo, secondo tale fede, è diviso, è conteso fra Dio e il Diavolo.

 

Il verbo scempiare significa fare a pezzi, smembrare un qualcosa (in origine intero, unico).

 

Ne deriva che una chiesa che non ammette le due nature vede un mondo scempiato, frammentato, dalla lotta fra il bene e il male, fra Dio e il Diavolo.

 

La fede Catara, invece non considera una sola creazione ma due, poiché considera l’esistenza di due nature.

 

Quindi <<Prima era scempio>>, secondo la teologia dei persecutori dei Catari, ma << ora è fatto doppio>>, nella dottrina Catara.

 

Dante afferma, poi, che sottoponendo tale dottrina all’esame della sua esperienza la trova solida e valida << che mi fa certo qui, e altrove, quello ov’ io l’accoppio>>.

 

<<Lo mondo è ben così tutto diserto
d’ogne virtute, come tu mi sone,
e di malizia gravido e coverto;

ma priego che m’addite la cagione,
sì ch’i’ la veggia e ch’i’ la mostri altrui;
ché nel cielo uno, e un qua giù la pone>>

Dante vuole ora affrontare, per poterlo esporre, il motivo per il quale questo mondo materiale sia così carico di malvagità e, nel contempo, parlare del libero arbitrio. Infatti, dice che alcuni collocano la causa di ogni male in cielo e altri sulla terra, ma pochi riflettono sul fatto che sia l’uomo stesso la causa di ogni disarmonia con il Divino.

 

<< Alto sospir, che duolo strinse in «uhi!»,
mise fuor prima; e poi cominciò: «Frate,
lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui.

Voi che vivete ogne cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate.

Se così fosse, in voi fora distrutto
libero arbitrio, e non fora giustizia
per ben letizia, e per male aver lutto.

Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch’i’ ‘l dica,
lume v’è dato a bene e a malizia,

e libero voler; che, se fatica
ne le prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica>>.

 

L’uomo deve quindi imparare a ben utilizzare il libero voler e se patisce delle pene è perché la sua condotta non è stata quella attesa, quella orientata al Servizio di Dio. Se l’uomo si lascia trascinare dal fascino della materia e si accontenta di essa << di quel si pasce, e più oltre non chiede>>.

 

Marco,  illustra la ragione delle miserie umane e conclude la sue esposizione dicendo:

 

<<Ben puoi veder che la mala condotta
è la cagion che ‘l mondo ha fatto reo,
e non natura che ‘n voi sia corrotta>>.

 

Il Cristianesimo Gnostico segue una via Regale e Sacerdotale, come del resto di Gesù è detto, nel nuovo testamento, che è Sacerdote alla maniera di Melkisedek. Melkisedek era Re di Salem e Sacerdote dell’Altissimo. Questi due aspetti sono rappresntati nelle seguenti terzine:

 

<<Soleva Roma, che ‘l buon mondo feo,
due soli aver, che l’una e l’altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo.

L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada
col pasturale, e l’un con l’altro insieme
per viva forza mal convien che vada;

però che, giunti, l’un l’altro non teme:
se non mi credi, pon mente a la spiga,
ch’ogn’ erba si conosce per lo seme.>>

 

La prima terzina recita <<Soleva Roma, che ‘l buon mondo feo, due soli aver, che l’una e l’altra strada facean vedere, e del mondo e di Deo.>>. Qui l’antica Roma è presa come immagine dell’equilibrio, nei Misteri, fra la funzione Regale e quella Sacerdotale, fra il <<libero voler>> e l’attitudine al servizio del proprio Dio.

 

Quando il libero voler è applicato sulla base di un formalismo e non di una vera coscienza, nata dall’esperienza fatta nel servizio quotidiano al proprio Dio, si può parlare solo di un abuso e infatti Marco dice <<e l’un con l’altro insieme per viva forza mal convien che vada>>. Quando, invece, il ibero voler e l’attitudine al servizio lavorano assieme << giunti, l’un l’altro non teme>>, non vi è disarmonia fra queste due funzioni.

 

La terzina termina con le parole << se non mi credi, pon mente a la spiga, ch’ogn’ erba si conosce per lo seme>>.

 

Esiste una Gnosi Cristiana, ma esiste anche una Gnosi pre-cristiana, Dante vuol far comprendere che l’essenza dell’insegnamento, tuttavia, è sempre uguale a se stessa.

 

Per far questo nella terzina fa dire a Marco << se non mi credi, pon mente a la spiga, ch’ogn’ erba si conosce per lo seme.>>.

 

Nei misteri Eleusini agli iniziati veniva mostrata una spiga, vediamo così un richiamo a tali misteri, fatto da un Vescovo Cataro, come a tracciare una linea che unisce tutte le maifestazioni Gnostiche che, nei secoli, a più riprese, si sono offerte come metodo di rigenerazione e di salvezza per l’umanità caduta.

 

Marco verso la fine del Canto dice:

 

<<or può sicuramente indi passarsi

per qualunque lasciasse, per vergogna,

di ragionar coi buoni o d’appressarsi.>>

 

Ovvero, in queste terre può stare sicuro chi per vergogna evita di ragionare con i buoni o anche solo d’avvicinarli.

 

Chi sono però i <<buoni>>?

 

Ricordiamo che il termine <<Cataro>> fu coniato dagli inquisitori, ma i Catari fra loro si chiamavano Buoni Uomini o Buone Donne o più semplicemente Buoni Cristiani.

 

Quindi Marco qui illustra la situazione di emarginazione e di persecuzione dei Buoni, ovvero, dei Catari nel nord Italia.

Continua poi dicendo:

 

<<Ben v’èn tre vecchi ancora in cui rampogna

l’antica età la nova, e par lor tardo

che Dio a miglior vita li ripogna:>>

 

Egli parla di <<tre vecchi>> in cui è ancora viva l’eredità della <<antica età>>. Questa eredità dell’antica età è il cristianesimo gnostico e nella fattispecie proprio di quello Cataro. Lo si deduce dall’avversione per il mondo che s’intravede dalle parole << e par lor tardo che Dio a miglior vita li ripogna>>.

I <<tre vecchi>> sono:

 

<<Currado da Palazzo e ‘l buon Gherardo

e Guido da Castel, che mei si noma,

francescamente, il semplice Lombardo.>>

 

Questi tre personaggi furono uomini stimati, per le loro qualità e per la loro integrità. Quindi sono l’immagine di qualcosa di moralmente integro. Dante li usa proprio come simbolo d’integrità.

 

Ne deriva che ciascuno di essi è l’immagine del puro Cristianesimo Gnostico dei Catari.

Informandoci, poi, sulla storia di questi tre personaggi (usati da Dante solo come simbolo), si scopre che erano legati a tre luoghi molto importanti per il Catarismo Italiano:

 – ‘l buon Gherardo (ovvero Gherardo III) – Marca di Treviso

 – Currado da Palazzo – Brescia

 – Guido da Castello – Verona

All’inizio di queste riflessioni ci si interrogava sul perché mettere Marco Lombardo proprio nella terza cerchia del Purgatorio, nel luogo ove si mondano gli iracondi, tanto più che dalle parole di Marco non traspare alcun tratto d’ira, ne dal suo racconto possiamo dedurre un passato di persona irosa.

 

Quindi dev’essere un altro il morivo di una tale collocazione.  

 

Il canto inizia così:

<<Buio d’inferno e di notte privata

d’ogne pianeto, sotto pover cielo,

quant’ esser può di nuvol tenebrata,

 

non fece al viso mio sì grosso velo

come quel fummo ch’ivi ci coperse,

né a sentir di così aspro pelo,

 

che l’occhio stare aperto non sofferse;

onde la scorta mia saputa e fida

mi s’accostò e l’omero m’offerse.>>

 

 

Il luogo descritto da Dante è immerso in un denso fumo che acceca, proprio come l’ira acceca la coscienza e fa compiere agli uomini i peggiori errori.

 

Dante per procedere in un simile luogo ha bisogno di una guida, che nemmeno può vedere. Virgilio, infatti, offre, all’accecato Dante, il braccio.

 

Questo luogo sembra essere l’immagine del mondo materiale che acceca l’Anima,  con le sue astuzie, proprio come la coscienza ordinarie è accecata quando l’ira prende il sopravvento.  

 

In un simile mondo l’uomo ha necessità di una guida.

  

Questa guida è spesso inconscia, poiché gli occhi della sua anima non possono scorgerla, tuttavia sotto un certo aspetto può avvertirla interiormente.

 

Da dentro alla pesante coltre di fumo, nel bel mezzo di questo mondo caotico, una voce giunge sino a Dante, un appello è lanciato verso gli uomini, si tratta dell’appello del Padre, dell’appello della Gnosi. 

L’obiettivo di questo intervento del Padre è di stimolare, negli uomini il desiderio di guarire dalla propria cecità.

Questo è solo un piccolo esempio della ricchezza contenuta nella Commedia di Dante, che il Boccaccio giustamente definì Divina.

 

Buon cammino!

Seminari di Novembre 2011 del Lectorium Rosicrucianum

Riporto, due appuntamenti organizzati dal Lectorium Rosicrucianum – Scuola Internazionale della Rosacroce d’Oro, come riportati nelle locandine che pubblicizzano gli eventi.

 

Si tratta di due seminari:

Entrambi gli eventi sono a ingresso libero, è però, gradita la prenotazione.

 

– 5 e 6 Novembre 2011: Seminario in due giorni; LA ROSACROCE D’ORO dalle origini al XXI° secolo, presso il Centro Regionale di Via Bicetti de Buttinoni, 1 Milano.

 

– 26 e 27 Novembre 2011: Seminario in due giorni; CAGLIOSTRO, SAINT GERMAIN, SAINT MARTIN E LA VIVENTE ROSACROCE, presso il Centro Regionale di Via Bicetti de Buttinoni, 1 Milano.

 

Per ulteriori informazioni
Telefonare al n° 346/8367901
e-mail: lombardia@rosacroce.info
o visitare il sito: www.rosacroce.info

 

ecco il dettaglio delle locandine:

 

LA ROSACROCE D’ORO
dalle origini al XXI° secolo

 

 
 
L’impulso spirituale della Rosacroce d’Oro ha toccato l’umanità diverse volte e continua a farlo tutt’oggi. Nella storia nacquero diversi movimenti, per rispondere ciascuno, entro le proprie possibilità, a questi tocchi della Fraternità della Rosacroce d’Oro. Vedremo, in due giorni, il filo sottile che lega tutte queste risposte, osservando fatti, documenti e date, ma sopratutto analizzando l’Insegnamento esoterico che si trovava, e tutt’ora si trova, alla base di tutte queste manifestazioni della Rosacroce d’Oro. Come chiusura del seminario, i partecipanti, avranno l’opportunità di prendere parte, nel nostro Tempio regionale della Rosacroce d’Oro ad uno dei nostri Servizi di Tempio, durante il quale potranno entrare in contatto con uno degli aspetti del lavoro concreto, che la Fraternità offre all’umanità per la sua rigenerazione.

 

 

Programma di Sabato 5 Novembre 2011

 

Ore 10,30 – 10,45Apertura seminario

Ore 10,45 – 12,30La Rosacroce d’Oro dal 16° al 18° sec.

Ore 14,00 – 14,45Workshop: Elementi base di Alchimia

Ore 14.45 – 15.30Consultazione fonti documentali (su vari supporti e Slide)

 

Programma di Domenica 6 Novembre 2011

 

Ore 10,30 – 11,30Workshop: Principi base di Cabalà

Ore 11.30 – 12.30 Movimenti Rosacroce d’Oro del XIX e XX° sec.

Ore 14,00 – 15,30Il Lectorium Rosicrucianum, storia e metodo.

Ore 16,00 – 16,45Servizio di Tempio per allievi e partecipanti al seminario

0re 17,00 – 17.10Chiusura seminario

 

 

 

presso la nostra sede di via BICETTI DE’ BUTTINONI, 1MILANO

 

Ingresso Libero – gradita prenotazione

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CAGLIOSTRO,SAINTGERMAIN, SAINT MARTINELAVIVENTEROSACROCE

 

Solleveremo un po’ il velo dei misteri occidentali attraverso la porta di questi emblematici personaggi.

 

Programma di Sabato 26 Novembre 2011

Ore 10,30 – 10,45Apertura seminario

Ore 14,00 – 15,45Cagliostro fra Massoneria e Rosacroce

Programma di Domenica 27 Novembre 2011

Ore 10,30- 12,30Saint Germain,Alchimia e Rosacroce

Ore 14,15-15,00Servizio di Tempio per allievi e partecipanti al seminario

Ore 15,00-15,30Chiusura seminario

 

 

presso la nostra sede di via BICETTI DE’ BUTTINONI, 1MILANO

Ingresso Libero – gradita prenotazione

La Magia di Enrico Cornelio Agrippa

Perché pubblicare un post su questo personaggio?

Poiché tanto è stato detto e scritto su di lui e sulla sua opera, ma poco è stato compreso della sua ricerca!

H.C. Agrippa fu un cercatore diverità dei suoi tempi. L’ambito della ricerca nel quale si mosse fu una delle quattro vie che si presentarono di fronte a Cristiano Rosacroce nelle Nozze Alchemiche, ovvero la via occulta, di cui è detto essere molto pericolosa. Ai suoi tempi tale via era percorribile, oggi però è sconsigliabile poiché non più adeguata ai nostri tempi.

Tuttavia resta sempre una testimonianza di un serio ed onesto lavoro interiore alla ricerca della verità.

 

Per chiarire quale sia la profondità del lavoro di cui si parla è bene citare qualche estratto di un saggio di Arturo Reghini, che si può trovare oltre che in rete anche come prefazione al primo tomo della Filosofia Occulta o la Magia (ristampato nel 1991 per i tipi della Mediterranee); oltre a qualche estratto del terzo libro facente parte della citata opera di Agrippa, La Filosofia Occulta o la Magia.

 

 

L’Associazione Segreta di Agrippa assieme al suo amico Landolfo.

 

Agrippa fondò un’Associazione Segreta dedita alla ricerca come testimoniano gli estratti che seguiranno.  Tale modo d’agire era dovuto non tanto ad un desiderio d’esser parte di una élite ma dalla necessità di proteggere la propria vita.

 

Nel suo saggio su Agrippa e la sua Filosofia Occulta, Reghini scrive:

<<Sfuggito alla meglio avarii e serii pericoli, da Barcellona (Agosto 1508) si reca a Valenza, dove siimbarca per le Baleari, la Sardegna e Napoli; ma torna indietro quasi subito, sempre per mare, toccando Livorno, e sbarca in Provenza, giungendo ad Avignonealla fine del 1508. Ad Avignone apprende che il suo Landolfo è a Lione, e gliscrive (Ep. I, 8): «Dopo queste terribili prove non ci resta che a ricercare inostri amici, a rinnovare i sacramenti della nostra congiura ed a ristabilirel’integrità della nostra associazione; ho già fatto entrare con una affiliazione solenne il venerabile compagno della mia lunga peregrinazione, Antonio Xanto. È fedele e taciturno, e degno di esser dei nostri; lo ho provato ed istruito».

 

Più avanti leggiamo una parte di lettera che Landolfo manda ad Agrippa:

<<«È – dice Landolfo – un tedesco come te; è originario di Norimberga, ma abita a Lione. Curioso indagatore degli arcani della natura, ed uomo libero, completamente indipendente del resto, vuole, sulla reputazione che tu hai già, esplorare anche lui il tuo abisso… Lancialo dunque per provarlo nello spazio; e portato sulle ali di Mercurio vola dalle regioni dell’Austro a quelle dell’Aquilone, prendi anche lo scettro di Giove; e se questo neofita vuole giurare i nostri statuti, associalo alla nostra confraternita».

 

Agrippa era un discepolo d’Ermete.

 

Interessante l’attività di Agrippa all’università di Pavia, di cui Reghini scrive:

<<Diviene professore stipendiato di quella università; ha una casa ammobiliata e servitori per sè eper la famiglia; poiché in Pavia aveva preso moglie ed aveva già un figlio. Dalla cattedra dell’università spiega al pubblico il Pimandro, lo scritto ermetico attribuito ad Ermete Trismegisto, che era stato ritrovato in Macedonia da un monaco italiano, Leonardo di Pistoia, e di cui Marsilio Ficino aveva fatto una versione latina, dedicata a Cosimo dei Medici… Secondo Agrippa, nel Pimandro sono contenuti i più profondi misteri della più antica teologia, con i segreti dell’una e dell’altra filosofia, su Dio, sullo spirito, sui demoni e sull’anima, sulla religione ed i suoi misteri, le preghiere segrete, il divino connubio e la rigenerazione. Di questo suo corso ci è pervenuta la prima lezione che si trova nelle edizioni delle sue opere (ed. di Lione, 1600, Tom.II, parte IIa, pp. 401-411)>>.

 

La Chiave della Magia

 

Dalle lettere che scrisse a Padre Aurelio d’Acquapendente, che si trovano riportate nel saggio di Reghini, si comprende che la vera Chiave della Magia, alla quale si riferisce, non ha nulla a che vedere con tutte le opere spurie che gli sono state attribuite e che recano nel titolo o nel sottotitolo il riferimento a questa misteriosa chiave. La vera clavicola della quale egli parla è in realtà uno stato di coscienza maturato ed in armonia con il Logos.

 

Dalla lettera di Agrippa al P.Aurelio d’Acquapendente Ep. V, 14, sempre tratta dal saggio di Reghini, leggiamo:

<<E questo è quello che ora voglio tu sappia, perché in noi stessi è l’operatore di tutti i resultati e fenomeni (effetti) meravigliosi, il quale operatore sa discernere e compiere qualunque cosa i portentosi matematici, i prodigiosi maghi, gli alchimisti perseguitori invidiosi della natura, i malefici negromanti peggiori dei demoni osano promettere; e questo senza alcun delitto, senza offesa di Dio, ed ingiuria della religione. Questo operatore delle cose mirabili, dico, è in noi:

 

Nos habitat non Tartara, sed nec sidera coeli Spiritus in nobis qui viget illa facit.

 

È quello di cui sarebbe il caso di trattare lungamente, ma a quattro occhi (coram). Poiché queste cose non si affidano alle lettere, né si scrivono colla penna, ma, si infondono da spirito a spirito, con poche e sacrosante parole, se accadrà di venire da te>>.

 

Ecco un brano nel quale egli esplica quale sia la vera chiave per dischiudere la porta dei misteri.

 

Dal Libro III Capitolo VI della Filosofia Occulta di H.C. Agrippa leggiamo:

<<La nostra mente pura e divina, fragrante di amore religioso, abbellita dalla speranza, guidata dalla fede, dopo avere attinto il vertice della umana sapienza, attira a sé la verità e nella verità divina istessa, come nello specchio dell’eternità, scorge le cose mortali e le immortali, la loro essenza, le loro cause e tutto comprende. Perciò in tale stato di purezza e d’elevazione ci è dato conoscere le cose che sono al di sopra della natura e scrutare tutto ciò che è contenuto nel nostro mondo>>.

 

Vediamo come Agrippa ci dica che sesi può vivere in un costante orientamento sostenuto da Fede, Speranza e Amore allora l’Anima potrà <<conoscere le cose che sono al di sopra della natura e scrutare tutto ciò che è contenuto nel nostro mondo>>.

 

La Grande Opera

Agrippa descrive, poi, in sintesi in cosa consista la Grande Opera. La Morte alla quale si riferisce è la morte mysticae non quella fisica. Egli parla, qui, della resa di sé e del divenire indipendente dell’Anima Nuova rispetto alla schiavitù del corpo.  Quando parla d’Intelletto si deve ricordare che usa riferimenti ermetici e che nel “Pimandro” Ermete chiama Pimando l’Intelligenza. Questa resa di sé è la base per poter divenire uno in Dio e con Dio.

 

Dalla lettera di di Agrippa, riportata nel già citato saggio di Reghini, al P.Aurelio d’Acquapendente Ep. V, 19 leggiamo:

<<Per quanto si attiene alla filosofia che desideri, voglio che tu sappia, che il conoscere lo stesso dio opifice di tutte le cose, ed il trapassare in lui con l’interna immagine della similitudine (ossia con un certo contatto o vincolo essenziale), per mezzo di cui ti trasformi e divieni dio stesso: in quel modo che dio disse a Mosè, dicendo: ecco ti ho costituito dio del Faraone; voglio che tu sappia, che questa è la vera, la somma occultissima filosofia delle opere ammirabili. La chiave di essa è l’intelletto, infatti quanto più alte sono le cose di cui abbiamo intelligenza, tanto più alti sono i poteri (virtutes) di cui ci investiamo, tanto più grandi le nostre opere, e tanto più grande la facilità e l’efficacia con cui le operiamo. Infatti il nostro intelletto incluso nella carne corruttibile, se non ha superato la via della carne, se non si è assortito alla sua propria natura e non ha potuto unirsi a quelle virtù (poiché invero esse non si aggregano se non a quel che è simile ad esse), ed a quelle cose occultissime di dio e segreti della natura che sono da investigare, è affatto inefficace; atque hoc opus, hic labor est, superas evadere ad auras. In che modo, infatti, chi ha perduto sè stesso nella cenere e nella polvere mortale, può trovare dio stesso? In qual modo apprendere le cose spirituali, immerso come è nella carne e nel sangue? L’uomo vedrà il signore, e vivrà? Che frutto apporterà il grano del frumento, se prima non divenga morto? Poiché è necessario morire, morire, dico, alla carne, e a tutti i sensi, ed a tutto l’uomo animale, se si vuole entrare in questi penetrali dei segreti. Non che il corpo si diparta (separetur) dall’anima, ma che l’anima abbandoni (relinquat) il corpo, della quale morte Paolo scrisse ai Colossesi: siete morti, e lavostra vita è nascosta con CRISTO. E altrove più chiaramente dice di sè stesso:so che l’uomo fu rapito al terzo cielo, nel corpo o fuori del corpo, non lo so, dio lo sa, e le rimanenti che seguono. Occorre morire, dico, di questa morte preziosa in conspetto del Signore, il che accade a pochissimi, e per avventura non sempre: poiché pauci quos aequus amavit Iuppiter, aut ardens evexit ad aethera virtus, diis geniti potuere. Prima di tutto quelli che non sononati dalla carne e dal sangue, ma sono nati da dio; subito dopo quelli che sono resi degni di ciò (dignificati) da un beneficio della natura, e da un dono genetliaco del cielo; gli altri si sforzano di pervenirvi con i meriti e conl’arte, di cui a viva voce ti darò più sicuro ragguaglio>>.

 

Per poter compiere la Grande Opera è necessario aspirare con tutto il cuore alla rigenerazione. Sulla base di una tale aspirazione è possibile lavorare per l’indipendenza dell’Anima dai lacci delle forze di questo mondo.

 

Dal Libro III Capitolo IV della Filosofia Occulta di H.C. Agrippa

<<Nel principio del libro di quest’opera abbiano parlato delle qualità che sono indispensabili al Mago. Diremo ora della cosa arcana e secreta, necessaria a chi voglia bene operare in quest’arte, cosa che è il principio, il complemento e la chiave di tutte le operazioni magiche, cioè la dignificazione stessa dell’operatore ad una tanto sublime virtù e potestà. Solo l’intelletto, che è in noi la più alta espressione, è capace di operare le cose miracolose e se esso è troppo dominato dalla carne, non sarà capace di operare sulle sostanze divine, cosa che spiega il perché tanti ricerchino le arie di quest’arte senza trovarle. Bisogna dunque che noi che aspiriamo a tanta alta dignità, troviamo anzitutto il modo per distaccarci dalle affezioni della carne dal senso mortale e dalle passioni della materia e in seguito cerchiamo per quale via e in qual modo ci eleveremo a quelle altezze dell’intelletto puro, senza le quali non potremo mai felicemente pervenire alla conoscenza delle cose segrete e alla virtù delle operazioni miracolose>>.

 

Dal Libro Terzo Capitolo IX dellaFilosofia Occulta di H.C. Agrippa

<<Dobbiamo dunque credere che nostro Signore Gesù Cristo, figliuolo di Dio, è Dio e uomo, una persona e due nature; che è un Dio generato senza madre prima dei secoli; che nel tempo fu fatto uomo senza padre,da una vergine pura prima e dopo il parto; che avendo sofferto in croce è morto, ma che sulla croce ha restaurato la vita e distrutto la morte con la morte; che fu seppellito e discese all’inferno, liberandone le anime dei patriarchi e risuscitando nel terzo giorno per sua propria virtù: che è asceso ai cieli, da dove ha inviato lo Spirito Santo; che verrà a giudicare i vivi e i morti e che alla sua venuta tutti gli uomini risusciteranno nella loro carne e renderanno conto delle proprie azioni. Ecco la vera fede>>.

 

Le parole appena lette seppur molto simili a quelle del credo cattolico velano, invece, qualcosa di più sulla figura di Gesù il Cristo.

  • E’ “una persona e due nature”. Due nature sono compresenti nell’uomo, la natura divina, quanto rimane del microcosmo caduto, e la natura materiale decaduta che lega il microcosmo caduto a questo mondo materiale estremamente denso.
  • Egli “ha restaurato la vita e distrutto la morte con la morte”. La morte in croce e la seguente risurrezione sono il simbolo della vera resa di sé, al divino in noi, e della conseguente restaurazione della Statura Divina Originale. 
  • Egli “ha inviato lo Spirito Santo; che verrà a giudicare i vivi ei morti”. A fronte della Restaurazione della Statura Divina Originale del Microcosmo, lo Spirito Santo può agire direttamente su un tale uomo.
    • Ed a proposito dello Spirito Santo dice che  “alla sua  venuta tutti gli uominirisusciteranno nella loro carne”. La conseguenza dell’azione dello SpiritoSanto è la Risurrezione nella Carne, ovvero la completa Trasfigurazione.

L’augurio è che queste citazioni assieme alle poche parole di commento possano essere una testimonianza che dia sempre più fiducia, nella possibilità di trovare la Verità, a tutti i seri cercatori.

 

 

Buon Cammino!

Bibliografia:

Enrico Cornelio Agrippa, La filosofia occulta, o La magia, prima traduzione italiana di Alberto Fidi; preceduta da un ampio studio introduttivo sopra l’autore e la sua opera, a cura di Arturo Reghini, A. Fidi, Milano, 1927 (e ristampa Roma,1991, Edizioni Mediterranee).

 

 

 

I Libri di Jeu

Nel Vangelo della Pistis Sophia si parla dei Libri di Jeu, nei quali sono contenuti gli insegnamenti dei Misteri Cristiano Gnostici, che Gesù dispensò ai suoi discepoli dopo la sua risurrezione.

 

Con il nome di “Libri di Jeu” è stata classificata una raccolta di libri senza titolo che fanno riferimento, però, ai rituali indicati nella Pistis Sophia.

 

Il brani citati fra virgolette, di cui faccio un breve commento, sono estratti, e da me tradotti dall’inglese, dal testo “THE COPTIC GNOSTIC LIBRARY – EDITED WITH ENGLISH TRANSLATION. INTRODUCTION AND NOTES published under the auspices of THE INSTITUTE FOR ANTIQUITY AND CHRISTIANITY – THE BOOKS OF JEU AND THE UNTITLED TEXT IN THE BRUCE CODEX – TEXT EDITED BY CARL SCHMIDT -TRANSLATION AND NOTES BY VIOLET MACDERMOT – LEIDEN E. J. BRILL 1978”

 

 

<<Io vi ho amati voi ho voluto (darvi) la vita, il Gesù vivente, che conosce la verità

 

1. Questo è il libro della gnosi dei misteri di Dio, per mezzo dei misteri nascosti che mostrano la strada per la stirpe eletta, (che guida) a riposo (ristoro) alla vita del Padre nella venuta del Salvatore, il liberatore delle anime che ricevono in loro stessi il Signore della vita che è superiore a ogni forma di vita – nella conoscenza di Gesù il vivente, che è venuto a manifestazione attraverso il Padre dall’Eone della Luce al termine del Pleroma – nell’insegnamento, oltre il quale non v’è null’altro, che Gesù il vivente ha insegnato ai suoi apostoli, dicendo: “Questo è l’insegnamento in cui risiede tutta la conoscenza“. >>

 

L’oggetto del libro è la conoscenza dei Misteri della Gnosi che devono portare l’iniziato ad entrare a far parte della stirpe eletta, ovvero degli abitanti del Regno del Padre, del nuovo campo di vita. Questo cammino avviene attraverso la mediazione di Gesù il Vivente, ovvero della forza di Cristo, che le anime rinnovate devono ricevere in se stesse. Grazie a questo potere il cammino diviene possibile. “senza di me non potete far nulla dice il Vangelo”, Jesus mihi omnia, Gesù è tutto per me ricorda la Fama Fraternitatis Rosae Crucis. In questa, apparentemente semplice, verità risiede tutto l’insegnamento, ovvero il segreto della realizzazione dello stesso.

 

<<Gesù il vivente rispose e disse ai suoi apostoli: “Beato colui che ha crocifisso il mondo, e che non ha permesso al mondo a crocifiggere lui”>>

 

Crocifiggere il mondo significa liberarsi dai suoi condizionamenti, inchiodando alla croce del servizio all’altro in noi, al Dio in noi, la natura materiale di cui siamo rivestiti. Durante questo cammino di “croce delle rose” come lo definiscono i Rosacroce classici, le forze di questo mondo, le forze di questa contro-natura faranno di tutto per inchiodare alla croce delle forze contrarie il principio spirituale che cerca di liberarsi.

 

 

<<Gli apostoli risposero con una sola voce, dicendo: “O Signore, insegnaci il modo di crocifiggere il mondo, in modo che esso non ci possa crocifiggere,  e che non ne siamo, così, distrutti e si possano perdere le nostre vite”>>

 

La prima domanda che ci si deve porre è come percorrere questo cammino di croce delle rose senza cadere preda delle forze gemelle della contro-natura.

A tale interrogativo Gesù risponde:

 

<<Gesù il vivente rispose: “Colui che l’ha crocifisso (il mondo) è colui che ha trovato la mia parola e la ha compiuta, secondo la volontà di colui che mi ha mandato.”>>

 

La parola, in greco Logos, è il simbolo di uno stato d’essere, di una radiazione, ma anche di un insegnamento. Colui che grazie all’insegnamento ha conquistato un nuovo stato d’essere diviene capace di inchiodare il mondo alla croce ed allo stesso tempo scorge i tranelli che il mondo gli tende e non soccombe.

 

 

<<2. Gli apostoli risposero, dicendo: «Parla a noi, o Signore, affinché possiamo ascoltarti. Ti abbiamo seguito con tutto il cuore. Abbiamo lasciato padre e madre, abbiamo lasciato dietro vigneti e campi, abbiamo lasciato dietro beni e grandezza dei governanti (i re), e ti abbiamo seguito, così che tu possa insegnarci la vita di tuo padre che ti ha inviato. >>

 

I discepoli in questo brano esprimono l’attitudine fondamentale che deve mostrare l’Iniziato ai Misteri della Gnosi. >egli lascia dietro di sé tutto quanto ha valenza puramente naturale per dedicarsi di tutto cuore al servizio al proprio Dio ed all’umanità.

Questa attitudine è la base sulla quale, mediante l’azione di Cristo, può nascere un’Anima Nuova. Infatti Gesù risponde ai suoi discepoli dicendo:

 

<<Gesù il vivente rispose. “La vita di mio Padre è questa: Che tu riceva la tua anima dalla razza di coloro che hanno la conoscenza (mente), e che cessi di essere terrena e divenga conoscitrice, attraverso ciò che io vi dico nel corso del mio discorso, in modo che lo realizziate e siate salvati dall’Arconte di questo Eone e dalle sue persecuzioni, alle quali non c’è fine,>>

 

Gesù ricorda ai suoi discepoli che non è sufficiente ricevere quest’Anima Nuova che non è legata alle forze terrene, serve anche un costante lavoro su di sé, svolto sempre grazie alla forza di Cristo. Questa progressiva purificazione libera sempre più l’uomo dalle catene della materia inferiore e dei suoi domini più o meno densi (al di qua o al di là del velo della morte).

 

<<ma voi, miei discepoli, affrettatevi a ricevere la mia parola con certezza in modo che lo sappiate, | affinché l’Arconte di questo Eone non possa combattere con voi – questi che non ha tratto da me nessuno dei suoi comandamenti – in modo che anche voi, o miei apostoli, soddisfiate la mia parola attraverso me, e io stesso vi renderà liberi, e diventiate, attraverso la libertà, senza macchia. Come lo Spirito Consolatore è tutto, così anche voi sarete tutto, attraverso la libertà dello Spirito Santo, del Consolatore “>>.

 

Coloro che hanno compreso veramente le parole che Gesù il Vivente dice ai suoi discepoli non possono che esprimere un canto di Giubilo che nella sua essenza testimonia della loro comprensione. Di più non è lecito dire sulle parole seguenti:

 

<<3. Tutti gli apostoli. Matteo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo e Giacomo, risposero con una sola voce, dicendo: “O Signore Gesù, tu che vivi, la cui bontà si estende su coloro che hanno trovato la tua saggezza e la tua forma con le quali hai dato la luce; O Luce che dà Luce che illumina il nostro cuore finché non abbiamo ricevuto la luce della Vita; O Parola vera, che attraverso la gnosi ci insegna la conoscenza nascosta di Gesù il Signore, il Vivente “>>

 

La risposta di Gesù ai discepoli è una conferma della loro comprensione ed una lode a coloro che lavorano alacremente e che terminato il loro lavoro di liberazione personale si mettono al servizio della Gnosi per divenire dei mezzi con i quali essa possa avvicinare gli uomini ancora prigionieri delle tenebre della materia ed offrire loro una possibilità di liberazione. Si può essere simili mediatori solo se non si è  più nulla sulla base dell’io e si è invece un tutt’uno con il Regno del Padre, con il popolo dei Figli di Dio.

 

<<Gesù il vivente rispose e disse: “Beato l’uomo che ha conosciuto queste cose ed ha portato il cielo verso il basso, ed ha sollevato la terra e (l’ha elevata) al cielo, ed è divenuto un Mezzo perché non è nulla.”>>

 

IL LIBRO DEI MORTI DEGLI EGIZI

Il nome d libro dei morti e’ in effetti un nome inesatto. Il testo, esistente in diverse redazioni recita “formule per uscire alla luce del giorno” e non libro dei morti. Questo nome gli viene dal fatto di essere stato tramandato come testo funebre.

Si tratta in realta’ di un testo dei misteri egizi, il cui contenuto non serve ad un deceduto nel suo viaggio nell’aldila’, ma all’iniziato che muore simbolicamente alla vita profana per rinascere come osiride ed uscire alla luce del giorno, il giorno della resurrezione nel nuovo campo di vita.

La versione del testo, che cito, e’ quella del Papiro di Ani, conservata al British Museum.

Nella vignetta di questa tavola vediamo Ani seguito dalla moglie.

 

( chi volesse vedere la prima tavola, completa di vignetta, puo’ cliccare con il tasto destro del mouse, sul seguente link ed aprirlo in una nuova scheda o finestra:

http://www.masseiana.org/plates/ani_plates/pl01.jpg

Non ho letto il contenuto del sito e quindi il link deve intendersi riferito solamente all’immagine. Tuttavia questa immagine fa parte di un interessante marge fatto dagli autori del sito fra la traduzione di E.A.Wallis Budge e una facsimile edition comprendente tutte le tavole.)

 

Ani ha le braccia levate in segno d’adorazione. Il lato piu’ proteso in avanti e’ il sinistro, quello del cuore.

Egli indossa una lunga veste di lino, chiara designazione dell’iniziato. Sopra questa veste porta una corta camicia gialla. Questa camicia sembra suggerire il manto d’oro, il manto d’oro delle nozze che l’iniziato deve tessere.

Le sue braccia sono ornate, ovvero il suo lavoro e’ vero ornamento. Al collo porta un collare pesante (presumibilmente d’oro), simbolo della rigenerazione del potere della parola.

Dietro ani vediamo la moglie Thuthu che come lui indossa una lunga veste di lino, simbolo come gia’ detto dello stato d’iniziato.

Thuthu indossa una parrucca, lunga e ondulata, avente un cono per l’incenso al centro della testa.
I capelli sono simbolo del corpo eterico e Thuthu porta una parrucca ovvero una differente capigliatura, rispetto a quella di cui la natura materiale l’ha fornita. Questa rappresenta una nuova statura eterica, la parrucca e’ ondulata. L’ondulazione suggerisce il movimento la vibrazione. Questo nuovo stato veicolare eterico e’ un profumo gradevole a dio, come suggerisce il cono per i profumi.

La sue fronte e’ adombrata da un fiore di loto. Questo simboleggia lo stato d’anima rinato, capace di penetrare il regno dello spirito.

Nella destra ha un sistro. Il sistro e’ lo strumento musicale che si dice sia stato inventato dalla dea Iside. La destra simboleggia l’aspetto attivo nell’iniziato. Lo strumento che Thuthu tiene nella destra e’ composto da tre lamelle. Questo suggerisce che i tre poteri della personalita’, pensiero, desiderio e volonta’ sono consonanti con il piano di dio ed attivi nel lavoro dell’iniziato.

Nella sinistra ella tiene il menat. Il menat e’ una pesante collana utilizzata dalle sacerdotesse della dea hator. Questo particolare suggerisce che Thuthu sia una tale sacerdotessa. Hator e’ un’antichissima divinita’ egiziana. Essa e’ dea dell’amore, della vita e’ madre universale e protettrice del nilo. Il suo nome significa “casa di Horus”. Horus e’ il figlio di Iside e di Osiride. In sintesi Hator e’ la matrice che puo’ concepire la forza cristica rappresentata da Horus.

Davanti ad ani e Thuthu si trova una tavola imbandita. Il banchetto e’ sempre stato un simbolo di comunione con il divino, un momento in cui alimenti santi sono offerti all’iniziato. Vediamo ad esempio questo aspetto sia nel genesi sia nei vangeli. Nel genesi leggiamo come Melchisedec offri’ pane e vino ad Abramo e lo benedisse, nei vangeli vediamo che Gesu’ fece il suo primo miracolo durante il banchetto alle Nozze di Caana, ricordiamo poi l’ultima cena di Gesu’.  Si ricordino le agapi rituali del culto di Mithra etc…

Questa vignetta suggerisce l’immagine delle nozze alchemiche fra l’anima e lo spirito.

Ani e Thuthu sono rispettivamente l’immagine di Spirito e Anima Nuova dell’iniziato. Entrambi sono volti verso il banchetto. Ciascuno porta verso la tavola il frutto del proprio lavoro.

La prima frase geroglifica che possiamo leggere nella prima tavoletta e’:

Traduzione letterale: “adorazione di ra quando leva se stesso in orizzonte orientale del cielo”

Traduzione letteraria: “adorazione di ra quando si leva all’orizzonte orientale del cielo”

Vediamo solo la parte geroglifica che esprime la frase “adorazione di Ra”

 

Adorazione a RA.JPG

La parte che significa “adorazione” e’ composta da una stella, un uomo con le braccia alzate e un rotolo di papiro verticale. Il rotolo e’ un determinativo che indica astrazione.

La parte che compone il nome Ra e’ formata da una bocca, una mano in segno di dare, seguita dall’ideogramma per sole, il cerchio con il puntino in mezzo, e da una figura inginocchiata con parrucca e barba, questo e’ il determinativo di divinita’.

Per poter partecipare un giorno al banchetto delle nozze l’iniziato deve cominciare con una vera e sincera adorazione.

Non si tratta di esaltazione mistica ma di un costante orientamento interiore.

L’orientamento deve divenire da cosa astratta cosa assolutamente concreta.

L’iniziato volge testa, cuore e mani verso la stella.

La stella indica la scintilla divina sepolta nel piu’ profondo del microcosmo che l’uomo abita.

Ra e’ il sole e in questo scritto rappresenta il sole divino, dio stesso.

L’iniziato deve volgere tutta la sua vita verso questo sole divino.

Il nome ra in questa frase, perche’ in altre potrebbe essere scritto anche diversamente, ha sia una scrittura fonetica, rappresentata dalla bocca per la “r” e dal braccio con la mano protesa per dare ad indicare la “a” lunga, sia mediante l’ideogramma per “sole”, ovvero il cerchio con il punto nel mezzo (che si tratta di un ideogramma lo si capisce dalla stanghetta verticale che si trova sotto il simbolo). A tutto questo e’ anche aggiunto il determinativo di divinita’.

Questa particolare scrittura sembra dirci che ra e’ il sole divino, ma e’ anche il verbo dinamico che dona, esso e’ dio. 

L’iniziato, nel testo, pero’ non adora semplicemente ra. Lo adora quando si leva all’orizonte orientale del cielo. L’iniziato vuole adorare dio in se stesso, vuole vederlo splendere all’orizonte orientale, nel suo campo aurale, o per dirlo con il linguaggio dei misteri cristiani, vuole vederlo apparire fra le nubi del suo cielo microcosmico.

E’ stupendo vedere come gia’ solo una vignetta ed una frase, del testo  “formule per uscire alla luce del giorno”, possano nascondere una incredibile profondita’ di significati.

Buon cammino!  

 

Bibliografia:

– The egyptian book of the dead, (the Papyrus of Ani, egyptianm text, translitteration and translation), E.A. Wallis Budge, Dover edition

– Egyptian language: easy lessons in egyptian hieroglyphics

– An egyptian hieroglyphic dictionary (vol I and II)

– Il libro dei morti, Guy Rachet, edizioni Piemme

– Guida ai geroglifici, Roberto Elli, aVallardi

 

LA GNOSI NON È ELITARIA

MOLTI FRA COLORO CHE PARLANO DI GNOSTICISMO SOSTENGONO CHE SI TRATTI DI UN FENOMENO ELITARIO.

NULLA DI PIÙ SBAGLIATO!

CERTO SI POTRÀ OBBIETTARE CHE IL NUMERO DI COLORO CHE SEGUIVANO UN TEMPO, E CHE SEGUINO OGGI TALI CORRENTI È PIUTTOSTO ESIGUO, PARAGONATO ALLE RELIGIONI DI MASSA.

QUESTO, PERÒ, NON NE FA UN FENOMENO ELITTARIO.

CI SI POTRÀ, QUINDI, CHIEDERE COME MAI SIANO STATI, E LO SIANO TUTT’OGGI, COSÌ POCHI GLI ADERENTI AI MOVIMENTI GNOSTICI.

LA RISPOSTA È PIÙ SEMPLICE DI QUANTO SI POSSA CREDERE.

UN’AUTENTICA SCUOLA O CHIESA GNOSTICA PROPONE AI SUOI MEMBRI UNA RESA TOTALE DI SÉ AL DIVINO.

LA PROPONE NON COME ACCETTAZIONE DI UNA TEORIA O  SPECULAZIONE FILOSOFICA,  MA COME ATTO CONCRETO!

QUANTI SONO DISPOSTI A QUESTA RESA?

QUANTI SONO PRONTI A SERVIRE IL DIO IN LORO E METTERE L’IO DA PARTE?

QUANTI SONO PRONTI ANCHE SOLO APENSARE DI METTERE IN PRATICA, NON SOLO QUANDO LE COSE VANNO BENE  E SODDISFANO LE ASPETTATIVE DELL’IO MA ANCHE QUANDO SI TROVANO NELLE DIFFICOLTÀ,  LE PAROLE PADRE, SE VUOI, ALLONTANA DA ME QUESTO CALICE! TUTTAVIA NON SIA FATTA LA MIA, MA LA TUA VOLONTÀ”?

QUANTI DESIDERANO VIVERE SECONDO LE PAROLE DI GESU, “MIO CIBO È FARE LA VOLONTÀ DI COLUI CHE MI HA MANDATO E COMPIERE LA SUA OPERA” O ANCORA “IO NON POSSO FAR NULLA DA ME STESSO; … NON CERCO LA MIA VOLONTÀ, MA LA VOLONTÀ DI COLUI CHE MI HA MANDATO”?

QUANTI SONO DISPOSTI A METTERE DA PARTE I PROPRI INTERESSI A FAVORE DI QUELLI DELL’ALTRO IN LORO, DEL DIO SEPOLTO NEL PIÙ PROFONDO DI LORO STESSI, E QUINDI DI RIFLESSO IN FAVORE DELL’UMANITÀ?

NON SI TRATTA DI UN ATTEGGIAMENTO MISTICO, NON DEVE ESSERVI NESSUNA ESALTAZIONE, SOLO UNA LUCIDA COMPRENSIONE DELLA COSCIENZA SOSTENUTA DA UN PROFONDO DESIDERIO DI SALVEZZA.

LO GNOSTICO È UNA PERSONA CHE HA DECISO DI INCAMMINARSI IN UN SIMILE CAMMINO DI AUTO-RESA, PER COMPIERE IL QUALE DEVE COMPRENDERE CIÒ CHE AVVIENE IN LUI ED ATTORNO A LUI, DEVE ACQUISIRE UNA PIENA CONOSCENZA DI SÉ.

IL DINAMISMO NECESSARIO A NON ARENARSI SU UN SIMILE SENTIERO, NON PUÒ GIUNGERGLI DAL DESIDERIO DI ARRICCHIMENTO INTELLETTUALE O DI POSIZIONE SOCIALE, PUÒ GIUNGERE SOLO DAL PUNGOLO DI UN DESIDERIO DI SALVEZZA CHE NASCE DA PROFONDO DI SÉ STESSI.

L’ESSERE UNO GNOSTICO NON VUOL CERTO DIRE CHE SI È RAGGIUNTO IL FINE, MA CHE SI INTENDE LAVORARE SU SE STESSI PER RAGGIUNGERLO.

PAOLO DI TARSO, NELLA LETTERA AI FILIPPESI BEN DEFINISCE LA CONDIZIONE DELLO GNOSTICO:

NON PERÒ CHE IO ABBIA GIÀ CONQUISTATO IL PREMIO O SIA ORMAI ARRIVATO ALLA PERFEZIONE; SOLO MI SFORZO DI CORRERE PER CONQUISTARLO, PERCHÉ ANCH’IO SONO STATO CONQUISTATO DA GESÙ CRISTO.”

QUESTI SONO I MOTIVI PER I QUALI POCHI SONO GLI GNOSTICI, NONOSTANTE LA GNOSI OFFRA INDISTINTAMENTE A TUTTI I PROPRI TESORI.

BUON CAMMINO!

QUALCHE SPUNTO DAL VANGELO DI GIUDA

 DESIDERO CONDIVIDERE QUALCHE RIFLESSIONE SU ALCUNI SPUNTI CHE IL TESTO OFFRE.

<<“Sono andato da un’altra generazione grande e santa.” I discepoli gli dissero, “Signore, qual è la generazione che è superiore a noi ed è più santa di noi, che non si trova ora in questi regni?” Udito che ebbe, Gesù rise e disse loro, “Perché state pensando in cuor vostro sulla generazione forte e santa? (37) In verità vi dico, nessun nato [di] questo eone vedrà quella [generazione], e non una schiera di angeli delle stelle governerà sopra essa, e non uno che sia di nascita mortale può legarsi ad essa>>

IN QUESTO TESTO GESU’ PARLA AI DISCEPOLI DI UNA GENERAZIONE FORTE E SANTA E DI GRAN LUNGA SUPERIORE A QUELLA UMANA.
EGLI SPIEGA AI SUOI DISCEPOLI CHE QUESTA SANTA GENERAZIONE NON E’ SOGGETTA AL POTERE DEGLI EONI DELLA NATURA DELLA MORTE “In verità vi dico, nessun nato [di] questo eone vedrà quella [generazione], e non una schiera di angeli delle stelle governerà sopra essa”, MA DICE ANCHE CHE “non uno che sia di nascita mortale può legarsi ad essa”.

NEL VANGELO DI GIOVANNI (Gv 3,1-8), LEGGIAMO “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio”.
“REGNO DI DIO” E “GENERAZIONE GRANDE E SANTA” ESPRIMONO LO STESSO CONCETTO, SI RIFERISCONO ALLA STESSA COSA.

PER POTER ENTRARE IN QUESTA SANTA GENERAZIONE E’, QUINDI, NECESSARIO ESSERE RINATI “DALL’ACQUA E DALLO SPIRITO”, COME GESU’ SPIEGA A NICODEMO NEL PASSO DEL VANGELO DI GIOVANNI APPENA CITATO.

IL REGNO DEL PADRE OFFRE ALL’UOMO LA POSSIBILITA’ DI UNA TALE RINASCITA, MA LE FORZE DEGLI EONI CERCANO IN OGNI MODO DI OSTACOLARLA.

UNO DEI METODI PIU’ CLASSICI CONSISTE NELL’IMITAZIONE, NELLA STRUMENTALIZZAZIONE, DELLA POSSIBILITA’ OFFERTA.
QUESTO METODO E’ MOLTO EFFICACE PERCHE’ FA LEVA SULL’EGO.

ESSO OFFRE GIUSTIFICAZIONI ALL’EGO PER LE PROPRIE MANCANZE,

L’ILLUSIONE DI POTERSI LIBERARE DALLE CONSEGUENZE DELLE PROPRIE AZIONI.

A QUESTO PROPOSITO IL TESTO CI RACCONTA CHE I DISCEPOLI VEDONO IL TEMPIO E DESCRIVONO LA LORO VISIONE

<<Essi [dissero, “abbiamo veduto] una gran [casa con un vasto] altare [ dentro essa] dodici uomini – essi sono i sacerdoti…>>

[Gesù disse], “a che sembrano [ i sacerdoti]?”>>

…alcuni commettono una moltitudine di peccati e d’illiceità. E gli uomini che stanno [dinnanzi] all’altare invocano il [nome) tuo, [39] e in tutti gli atti del loro difetto, i sacrifici sono portati a completamento>>

IN QUESTO BRANO LEGGIAMO DI COME IL TEMPIO SIA PIENO DI MALFATTORI CHE PORTANO LE OFFERTE.

QUESTA E’ UNA CHIARA ALLUSIONE ALL’USO DELLA RELIGIONE COME MEZZO PER RICONCILIARSI CON LA PROPRIA COSCIENZA SENZA FARE, PERO’, UN VERO SFORZO PER CAMBIARE.

 
GESU’ AMMONISCE I SUOI DISCEPOLI RAMMENTANDO LORO, CHE ANCHE ESSI SONO PARTE DELL’UMANITA’ CADUTA “Quelli che avete veduto ricevere le offerte all’altare, quello è ciò che siete. Quello è l’iddio che servite…”.

L’UOMO, ANCHE SENZA ESSERNE COSCIENTE, E’ ASSERVITO AL DIO DI QUESTA NATURA DECADUTA. SOLO DOPO LA PRESA DI COSCIENZA DI TALE STATO PUO VERAMENTE COMPRENDERE LA NECESSITA’ DELLA RINASCITA “DALL’ACQUA E DALLO SPIRITO”.

IN UN TALE STATO DI CADUTA L’OPERATO DELL’UOMO, SEPPUR CONVINTO DI SERVIRE “IL SIGNORE DELL’UNIVERSO”, SERVE INVECE IL GRANDE ARCONTE, NEL TESTO E’ CHIAMATO NEBRO, E LE POTENZE DI QUESTA NATURA DECADUTA.

<<E Gesù disse loro, “Perché siete turbati? In verità vi dico, tutti i sacerdoti che stanno innanzi a quell’altare invocano il nome mio. E una volta ancora vi dico, il nome mio è stato scritto su questo […] delle generazioni delle stelle attraverso le generazioni umane. [ed essi] hanno piantato alberi senza frutto, nel mio nome, in un modo che causa vergogna.” Gesù disse loro, “Quelli che avete veduto ricevere le offerte all’altare, quello è ciò che siete. Quello è l’iddio che servite, e siete voi i dodici uomini veduti. Le bestie che avete veduto condurre al sacrificio sono le molte genti che voi sviate [40] dinnanzi a quell’altare.>>

COME CONSEGUENZA, ANCHE I MIGLIORI SFORZI RELIGIOSI O UMANITARI DELL’UOMO ASSERVITO A QUESTA NATURA, SEPPUR COL FINE DI AVVICINARE L’UOMO A DIO, IN VERITA’, HANNO L’EFFETTO DI ALLONTANARVELO SEMPRE PIU’, DI SVIARLO. NEL TESTO LEGGIAMO, APPUNTO, “Le bestie che avete veduto condurre al sacrificio sono le molte genti che voi sviate [40] dinnanzi a quell’altare.”

BUON CAMMINO!

P.S.: I brani citati sono tratti da “Il vangelo di Giuda cur. Kasser R., Meyer M., Wurst G., 2006, White Star”.

Per chi desidera approfondire questo vangelo ho elencato, suddivisi per catergoria, cinque testi che ho letto sull’argomento:

Storia del ritrovamento

– Il Vangelo perduto. L’avvincente racconto di una grande scoperta archeologica. (al testo è annesso anche un DVD) Krosney Herbert, 2006, White Star

Testo con saggi o commenti

– Il vangelo di Giuda cur. Kasser R., Meyer M., Wurst G., 2006, White Star (prima edizione in Italiano) 

– Vangelo di Giuda, Traduzione dal copto e commento, cur. Giannetto E., 2006, Medusa Edizioni (tradotta direttamente dal copto in italiano)

Edizione critica

– Il vangelo di Giuda. Ediz. critica 2008, White Star (pregevole edizione critica, utile a chi studia lingue camito semitiche)

Saggio sul testo

– L’ultimo vangelo. Perché la parola di Giuda fa paura Churton Tobias, 2006, Cairo Publishing

Sicuramente vi sono anche altre fonti interessanti per approfondire il testo sotto vari aspetti. Se qualcuno volesse condividre l’indicazione di ulteriori fonti bibliografiche, aggiunga un commento a questo post con i riferimenti di titolo, autore/curatore, anno di edizione ed editore.

LA BIBLIOTHECA PHILOSOPHICA HERMETICA

LA BIBLIOTHECA PHILOSOPHICA HERMETICA E’ UNA BIBLIOTECA CHE SI E’ DA SEMPRE OCCUPATA DI RACCOGLIERE, E RENDERE DISPONIBILE AGLI STUDIOSI, UNA GRAN QUANTITA’ DI DOCUMENTI DELLA TRADIZIONE ERMETICA.

HA REALIZZATO VARIE ESPOSIZIONI, ANCHE IN ITALIA.

INVITO TUTTI I RICERCATORI DI TEMATICHE ERMETICHE, COME ALCHIMIA, ROSACROCE GNOSTICISMO ETC… A VISITARE IL SITO:

  http://www.ritmanlibrary.nl

COME SI PUO LEGGERE SULLA HOME PAGE LA BIBLIOTECA ADESSO E’ CHIUSA.

HO TROVATO, ON-LINE, UNA PETIZIONE IN FAVORE DELLA BIBLIOTECA E SOPRATTUTTO VOLTA A MANTENERE DISPONIBILE A TUTTI GLI STUDIOSI E CERCATORI IL PATRIMONIO DOCUMENTALE DA ESSA RACCOLTO.

CHI FOSSE INTERESSATO PUO VEDERE IL LINK: http://www.ipetitions.com/petition/ritmanlibrary/

 

 

DA’AT LA SEFIRA DELLA GNOSI

 

                                                                                    

                                                        KETER

                                                     (CORONA)

      BINà                                               chokhmà

(INTELLIGENZA)                                       (SAPIENZA)

 

                                   ——–*

 

    ghevurà                                                cheded                             

      (FORZA)                                                 (AMORE)

                                       tiferet

                                    (BELLEZZA)

 

     hod                                                             netzach

(sPLENDORE)                                   (VITTORIA O ETERNITà)

                                          yesod

                                   (FONDAMENTO)

 

                                        malkhut

                                        (REGNO)

 

 

 

IN QUESTA POSIZIONE APPARE SI TROVi CELATA L’UNDICESIMA SEFIRA DA’AT

 

 

Nel primo capitolo alla terza sezione del Sefer Yetzirà è scritto

 

<<Dieci Sefiroth Belimà; dieci e non nove, dieci e non undici. >>

 

eppure uno dei diagrammi traccianti i sentieri che uniscono le Sefiroth sottintende chiaramente l’esistenza di una undicesima sefira, posta fra i livelli:

Binà (intelligenza) / Chockmà (Sapienza) Gevurà  (Forza) / Chesed (Amore).

Il Sefer Yetzirah nella prima sezione, del primo capitolo, recita <<… Dieci sefiroth Belimà e ventidue lettere fondamentali …>>

Il diagramma sopra citato unisce le Sefiroth mediante ventidue sentieri (uno per ciascuna delle lettere dell’alfabeto).

La parola Sefira può significare sia sfera sia emanazione.

Cosa vuol dire Belimà?

Belimà significa trattenimento, nulla, senza perché, chiusura.

Nel Sefer Yetzirà, alla sezione 5 del Vi° Capitolo leggiamo

<<Anche questo di fronte a quello fece il Signore: bene di fronte a male, male di fronte a bene…>>.

Il testo termina ricordando il patto fatto con Abramo. Questo patto fu necessario a causa della caduta.

Il Sefer Yetzirà tratta della formazione dell’universo materiale (fondato sul rapporto fra gli opposti ), universo venuto ad esistere a causa della caduta.

si tratta di un mondo provvisorio, un mondo nato per essere un campo d’esistenza in grado di ospitare i microcosmi divini mutilati a causa della caduta e quindi incapaci di mantenersi nei domini divini originali.

ribadiamo quindi che Questo mondo, creato come ordine di soccorso è solo un dominio provvisorio, senza uno scopo eterno.

Si tratta di un luogo in cui il microcosmo caduto è rinchiuso, trattenuto, fino a quando non intraprenderà il suo cammino di pentimento, un cammino di ritorno alla Casa del Padre.

Ecco perché solo dieci sefiroth sono impiegate assieme alle ventidue lettere.

perché dieci sefiroth e non nove, dieci e non undici?

nove non consentirebbero di celare, in potenza, l’undicesima, sarebbe un mondo in cui l’eqilibrio è impossibile.

la seconda sezione del primo capitolo recita <<dieci sefiroth belimà;  come il numero delle dita. cinque di fronte a cinque, e un patto unico è orientato in mezzo, con la parola della lingua e nella parola ha-maor.>>

<<cinque di fronte a cinque>> è l’immagine di un equilibrio fra le due forze contrapposte e complementari che reggono questa natura materiale caduta. 

si tratta dell’alternanza degli opposti, su cui si regge questo nostro mondo caduto. il giorno e la notte si alternano costantemente e l’uno non può prevalere sull’altro in modo assoluto. 

<<e un patto unico è orientato in mezzo>> queste parole non si riferiscono alla circoncisione ma sottintendono la possibilità di rigenerazione offerta da dio all’uomo di buona volontà; esse velatamente parlano dell’undicesima sefira, da’at, posta anch’essa sull’asse centrale dell’albero sefirotico.

non undici, perché L’undicesima sefira deve rimanere nascosta, essa non fa parte di quest’ordine di soccorso, è trascendente rispetto a questo mondo, ma può divenire immanente se il microcosmo s’impegna nel cammino di ritorno alla casa paterna, un cammino di pentimento e di resa dell’io al divino.

ecco che con la comparsa dell’undicesima sefira l’albero sefirotico non è più l’immagine dell’albero della conoscenza del bene e del male, ma diviene immagine dell’albero della vita.

queste considerazioni dovrebbero far chiaramente comprendere perché il mondo caduto in cui viviamo è stato formato con le sefirot belimà. ricordiamo che Jacob boheme definiva il nostro mondo “un tutto chiuso”.

da’at significa conoscenza, è la sefira della vera conoscenza, della gnosi di dio.

Da’at è la sefira che rappresenta la scintilla spirituale nel cuore del microcosmo umano.

Fate però attenzione, non si tratta del cuore della personalità (legato a passioni e sentimenti, simbolo di tutto ciò che è emotivo), ma del cuore del microcosmo.

Difatti, Da’at è posta sullo stesso asse di TiFeret (rappresentante il cuore) ma al disopra di essa. ESSA è Posta sotto Keter e sotto l’asse orizzontale formato da Binà / Chockmà, sembra essere un riflesso di Keter.

Quando in un microcosmo caduto la Gnosi è stata ritrovata, appare l’undicesima Sefira, Da’at (la conoscenza).

con l’apparizione dell’undicesima sefira vediamo apparire tre gruppi di tre sefiroth che portano da keter a malkut.

 

Keter = Corona

1)

Chokhmà = Sapienza  |

Binà = Intelligenza     |    —————–       TESTA

Da’at = Conoscenza   |  /

2)

Chesed = Amore                |

Ghevurà = Forza             |      ————–       CUore

Tiferet = Bellezza          | /

3)

Netzach =  Vittoria       |

Hod = Splendore             |       —————      bacino

Yesod = Fondamento   | /

 

Malkhut = Regno

 

il triplice tempio umano formato da testa, cuore e bacino è ora ricostruito!

 

BUon cammino!

 

NOTA BIBLIOGRAFICA:  LE CITAZIONI DEL SEFER YETZIRà SONO TRATTE DALLA TERZA RISTAMPA DELL’EDIZIONE ITALIANA PUBBLICATA DALLA ATANòR CON IL TITOLO “SEFER YETZIRà – LIBRO DELLA FORMAZIONE”. SI TRATTA DI UN EDIZIONE CON TESTO EBRAICO A FRONTe